(Autoproduzione) Dopo una discreta serie di singoli e un EP, i texani Scrollkeeper si lanciano nel loro debut: “Auto da fe” (scritto in questo modo) è una colata di us metal compatta e rovente. “LadyDeath” ha un sound magico, da us power/thrash antico, che rimanda anzitutto alle trame oscure degli Helstar (non a caso, siamo sempre in Texas): il risultato è d’impatto, la lunga sezione di assoli convincente. “Valhalla’s Gates” è un incalzante terremoto, mentre la titletrack torna, forse con troppa aderenza, alle atmosfere di “A distant Thunder” (in qualche passaggio sembra di sentire “The King is dead”. Al centro del disco una piccola delusione: “Giles de Rais”, dedicata al compagno d’armi di Giovanna d’Arco, suona da un lato prolissa e dall’altro poco organica. Non è l’unico passo falso della scaletta, perché su “Path to Glory” le linee vocali risultano troppo elementari e poco consone. Il disco si risolleva con lo speed ruvido di “Blood and Sand”, e con l’oscura e cadenzata “Surrender”; prima della fine c’è ancora spazio per le trame a tratti blackened di “Fortune favors the Bold”, dedicata a Guglielmo il Conquistatore (sì, non è un caso che molti brani abbiano temi legati alla storia, perché il vocalist Justin McKittrick è insegnante di questa materia). Le imprecisioni tipiche di un debut non impediscono ad “Auto da fe” di essere godibile.
(René Urkus) Voto: 7/10