(Goomba Music/SPV) Questa band ha un cordone ombelicale con Rob Zombie perché il fondatore è Mike Riggs, ovvero il chitarrista dell’artista del Massachusetts. La band nasce nel 2003 ed ora è al terzo album in studio. Nei due precedenti sono passati in formazione gente come Mike Tempesta (chitarrista, ex Testament), suo fratello John Tempesta (batterista per Exodus, Testament e White Zombie), John Dolmayan (batterista System of a Down) ed altri ancora. Anche la copertina fa pensare al poliedrico Rob Zombie, ma a quanto sembra è una caricatura dell’aspetto di Riggs. Ovviamente il contenuto, la musica, è già intuibile. Industrial da videogioco, un po’ kitsch, tipo polpettone e con ingredienti presi da Zombie, ovviamente i Ministry e, secondo me, i peggiori Nine Inch Nails. Togliamo di mezzo i riferimenti, altrimenti potremmo chiuderla qui, visto che perfino il nome della band è preso da una canzone dei White Zombie. Per tanto il lettore ha già presente a cosa potrebbe andare in contro. Il sound è ispirato ovviamente a tematiche horror rivoltate in questo horror heavy-rock meccanico e, appunto, industrial. Apre “Born Against Masochist”, sinuosa e psicopatica melodia. “Via Dela Rosa” è disco-industrial e sembra un remix già di suo e vale lo stesso per “Zombie -vs- Skeletons” e la title track, la quale però è decisamente la più catchy tra tutte. Riggs ne ha tratto anche un video. “Zombie Apocalypse” è decisamente più heavy, ma la base ritmica è techno, corredata da suoni in stile videogame. Fino a questo punto i ritmi sono serrati e il clima è quello di un festival di sonorità elettroniche, tra il vintage, la plastica e il citazionismo ma sempre accostate con poca grazia. Come se Riggs volesse sempre eccedere. “Sounds of the Dead” propone una dinamica in low tempo, i synth la fanno da padrone e un piccolo arpeggio della sei corde si limita a dare la melodia principale. Sa tanto di Ministry, periodo “Filth Pig”. Anche “Pray” propone una tensione elettronica catastrofista ridotta, questa volta l’elettronica non domina totalmente e la chitarra ha maggiore spazio, in particolare per il refreain che si infila in ogni piega del pezzo. “(Mindless) Dead Things” ritorna a quell’epica “laser”, come sparatorie spaziali e “Ghost” è una canzone percorsa da cortocircuitazioni in atto e inserti drum ‘n bass. Forse tra le canzoni più “techno” è quella meglio riuscita. Ottima invece “Funeral March”, la quale riprende un noto motivo di Frédéric Chopin e imbastisce uno dei momenti migliori dell’album, o almeno il più imponente. In linea di principio questo lavoro merita 5 perché ha ben poco di suo. Se avete tutto dei White Zombie e sentite ancora la sua mancanza (detto tra noi, mi chiedo come sia possibile!) allora acquistatelo; concettualmente Riggs si avvicina molto al suo ex collega. Tuttavia ci sono almeno quattro pezzi che riescono a funzionare e quindi la sufficienza è meritata, di un soffio!
(Alberto Vitale) Voto: 6/10