(Dusktone) In dialetto napoletano la parola ‘scuorn’ significa ‘vergogna’. Emerge dalla terra del Vesuvio questo black metal che nelle strutture un po’ si rifà alle correnti symphonic e pagan del genere. Il tutto avviene attraverso potenza e una spiccata velocità. Le maglie sonore sono tirate e venate da manti orchestrali imponenti e che fanno spesso da contrappunto alle chitarre. Il concetto musicale di Scuorn è ricco di epica, perché si aggancia agli scenari di saghe e tradizioni di una volta. La Campania, come altre terre del meridione d’Italia, è stata colonizzata dalla civiltà ellenica prima e dai romani poi e nei secoli successivi da altri popoli. Il retaggio culturale, l’elemento dal quale attingere i discorsi e i concetti, sono dunque ampiamente rintracciabili nella storia di questa terra. Nasce così, a detta di Giulian titolare unico del progetto Scuorn, il ‘Parthenopean Epic Black Metal’. La musica invece ha ben poco della Campania, salvo qualche giro delle chitarre che rimarca la tarantella e tammurriata. Il black metal è dunque l’elemento del tutto, mentre l’orchestrazione e alcune porzioni d’atmosfera dell’album formano qualcosa di mastodontico ed epocale. Qualcosa d’immenso. “Parthenope” è ben suonato e arrangiato, inoltre trasmette il senso delle ere e il fluire del tempo, attraverso una maestosità melodica che potrebbe fuorviare l’ascoltatore, il quale però con più ascolti, viene allevato verso una meccanica dell’arrangiamento e il susseguirsi dei vari passaggi, stesi come un flusso sapientemente modellato. Il messaggio dell’album poggia su concetti espressi attraverso un’identità, quella campana, e non per la semplice voglia di appartenere a un genere.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10