(The Church Within Rec.) Il doom britannico si distingue sempre. Sarà perché i Black Sabbath sono inglesi, sarà la propensione, l’indole degli isolani a queste sonorità cupe e in parte condizionata anche dalla loro storica tradizione per il rock dei seventies, per quella specifica scuola che ha contribuito a molte cose venute dopo, resta il fatto che un lavoro doom di fabbricazione inglese comunica sempre la propria identità. “Of Things Seen & Unseen” è un album, il secondo per i Serpent Venom, che dosa sapientemente il retaggio Black Sabbath, rock seventies di marca inglese, le sfumature metal e le melodie vibranti. A scanso di equivoci è bene da subito chiarire che niente di nuovo percorre queste otto composizioni, nonostante la buona qualità di esecuzione, vestita poi di distorsioni ‘grasse’, cioè cariche di un groove catramoso, soprattutto per il basso. Doom canonico, quasi una versione triste dei Cathedral, nonostante ci si possa sentire molte cose in “Of Things Seen & Unseen”. Il clima uggioso, le melodie inquietanti ed inquiete, il tono cimiteriale, ogni cosa rispetta ed elogia un doom che sa di ‘british’ in maniera eclatante. I Serpernt Venom si districano tra melodie soporifere oppure spaventate da qualcosa di oscuro e più di ogni altra cosa riescono in alcuni casi a mischiare ogni loro influenza in modo equilibrato e sano, come negli oltre otto minuti di “The Lords of Life”, un brano dalla cadenza fin troppo scontata ma non per questo seducente nell’accompagnare la girandola di stili e contributi esterni che si materializzano nel brano. Nessuna delle canzoni sembra avere la meglio sulle altre, nonostante una certa simpatia di chi scrive vada per la decadente, lisergica, dannata “Pilgrims of the Sun”, una situazione importante nel sapere fondere le diverse influenze della band e con un tocco di chitarra molto alla Iommi e il tutto in poco meno di dieci minuti. I Serpent Venom sono alfieri del doom e i loro seguaci possono essere chiunque abbracci questa religione.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10