(Minotauro Records) Il numero 3 nella musica: magia e forza. Avere questo numero significa possedere qualcosa di immenso. Chiedetelo ai Rush o pensate alla Hendrix Experience, oppure ai Venom… Il numero 3, arte e rivoluzione. I Seth sono parte della tradizione. Non hanno la celebrità dei nomi citati in precedenza, ma non peccano di arte e forza. Lo dimostra questa raccolta più che interessante della sempre esclusiva Minotauro Records. Un’edizione in doppio formato che racchiude l’omonimo album del 1980 dei Seth, inediti, tra i quali anche un intero album, testimonianze live, session in studio e casalinghe e un brano nuovo registrato durante session del 2014. L’operazione permette di saggiare l’arte di questo trio legato a sonorità tra i Rush, la NWOBHM, l’hard e power rock e cenni di blues rock. Una carrellata di cose questa raccolta. La prima che cattura per fascino e concretezza musicale e melodica è proprio l’album omonimo della band del 1980. E’ un concentrato di riff solidi ma melodiosi, intrisi di una tradizione rock di decenni e di un nuovo percorso che nel 1980 si stava formando e tentnando di andare oltre la lezione degli anni ’70. La NWOBHM era già iniziata e la costellazione del rock stava espandendosi. Ancora. Gerry Stafford è la voce e chitarra, principiale songwriter della band, oltre ad esserne il fondatore. Il suo stile a volte sembra essere vicino, oltre che a delle cose dei Rush, ai Raven, ma i Seth sono più rock & heavy e meno speed. “LZ 129” è un brano in cui melodia e una costruzione neo-prog si concertano in qualcosa di accattivante. Il brano è anche presente in una versione alternativa. Veloci, a volte, graffianti, fantasiosi nello scaraventare fuori una sequela di note che hanno una spina dorsale melodica e costruttiva concreta, i Seth a riff e solidità ritmica mischiano inventiva e una buona dose di classicità. Da notare che Stafford spesso introduce anche il synth, per esempio in “The Difference”, creando squarci melodici conturbanti e atmosfere sospese tra una sperimentazione e un atto pomposo e nobile. Ottime le linee basso-batteria. Dom Martignetti, batteria, e Santapaga, basso e anche synth (il primo è stato nei Seth dal ’78 all’84, il secondo dall’80 all’82), creano quel sano tappeto di precisione e spunti inattesi, desueti, evitando di lasciare alla sei corde il peso di creare ogni cosa. “Seth” e alcune session in studio del 1979, completano il primo disco. Il secondo è una sorta di sezione “filologica”: gli anni coperti sono quelli dal 1982, con la formazione sopra descritta, poi dopo quella data iniziano i cambi, tranne per la voce e chitarra sempre in mano a Stafford. Decennio ’80, 2000 e infine una registrazione al Chris Cioffi studio a Medford, nel Massachusetts, nell’estate del 2014. La canzone è “The Abbey of Thelema”, celebrazione dal nome magico per un riff oscuro, un’atmosfera doom che evolve in un rock dai toni occult, prog e classici per quella che risulta essere in definitiva una specie di suite, costituita da più parti. Con questa “Complete Discography” si passano ore speciali. L’album è dedicato alla memoria di John Lennon.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10