(Karisma Records) Sette. Sembra una coincidenza con moniker, visto che sette sono anche gli anni trascorsi dal precedente favoloso “Contrapasso”, il secondo album (recensione qui) di questa pazzesca band norvegese, fuori dagli schemi, legata al rock, al prog, al metal, all’avant-garde e a qualsivoglia altra scultura musicale liberamente assimilabile nelle perversioni sonore della band. In questi sette solstizi d’inverno trascorsi è successo di tutto: il vocalist e chitarrista Stian Økland si è laureato al conservatorio come cantante d’opera, dando vita ad una carriera internazionale parallela; il tastierista Håkon Mikkelsen Vinje è dal 2017 negli Enslaved e con loro ha già pubblicato tre album: Tutto il resto -poi- si chiama vita: carriere, figli, famiglie… una galassia di impegni paralleli che hanno attenuato, ma mai spento, l’energia creativa dei Seven Impale, i quali tornano ora con queste quattro imponenti tracce le quali escono da ogni schema, negano ogni regola, sapendo essere coinvolgenti, dannatamente eccitanti, subdolamente provocanti. Dietro una copertina ipnotica… quel sassofono semplicemente divino di Benjamin Mekki Widerøe (Gravdal, Potmos Hetoimos), quegli arrangiamenti imprevedibili, quelle linee vocali suggestive, in un continuo inseguimento di prog e jazz, di rock e metal, dentro un turbinio di pazzia creativa e follia artistica favolosamente sconfinato. Con suoni epici, incalzanti, contorti, inquietanti, esaltanti, improvvisi ed improvvisati, “Summit” è da osservare, è da percepire, è da scolpire… da scalare, da annusare, da toccare, da esplorare. Non importa quale possa essere l’azione che questa galassia di suoni possa ispirare: l’importante è che sia azione, che sia movimento, che sia attività, che sia la conseguenza di un dinamismo sonoro illimitato e immensamente stupefacente!
(Luca Zakk) Voto: 10/10