(Dark Essence Records) Lo scorso 25 agosto ero a Bergen alla listening session di questo nuovo disco, un evento che prevedeva la presenza sia della band che dei responsabili della label. Mi sembrava che il disco fosse buono, credo, non ricordo in quanto l’evento comprendeva anche un… evento nell’evento, denominato ‘Run to the Pils’, ovvero un consistente assaggio (gratuito!) della birra marchiata Slegest. Nonostante l’invito ricevuto fosse di tipo professionale, mirato ad un ascolto critico del disco, i ragazzi non proprio ‘responsabili’ dell’etichetta mi hanno piazzato davanti ad una quantità inaudita di pinte… e questo circa una sola ora dopo la mia colazione (la quale mi avrebbe dovuto mettere in condizioni operative dopo una notte di eccessi). Ammetto di non ricordare nulla della musica o dei singoli brani ascoltati quel giorno… se non una vibrante percezione di qualcosa che… spacca il culo! È quindi eccitante riascoltare questa mezz’ora abbondante di… di… Di che cosa? Rimane difficile descrivere la musica della band di Ese, l’ex Vreid che qui è frontman e principale autore; la difficoltà deriva dalla mancanza di una definizione che sappia racchiudere hard rock ed heavy metal classici, rivisti in chiave black’n’roll, oltre al fatto che gli stessi Slegest evitano apparire lineari e prevedibili, tanto che in questa mezzora ci infilano varianti di vario tipo, varianti tipiche del loro stile (nell’album precedente, “Vidsyn” –qui la recensione-, si spaziava dal doom al rock degli AC/DC), tipiche dell’esplosiva identità di questa band. “Blodets Varme Gjennom Meg” è roba da Def Leppard, qui proposta sotto steroidi ed overdose di caffeina. Lemmy e Iron Maiden mescolati con l’aggiunta del peperoncino piccante? Perfetto, eccovi “Undergangens Tankesmed”. Metallo oscuro e molto lascivo con “Maler Lys I Moerketid”. “Det Brenne I Glaasi” è finalmente una mid tempo putrefatta che mi fa pensare ad “Orgasmatron!”. “I Den Sanne Flamme” si potrebbe modificare: togliete la distorsione pesante, metteteci un singer con la voce acuta, qualche ovvia tastiera, delle ballerine quasi nude… ed ecco un pezzo da arena hard rock anni ’80! Dark metal’n’blues con la sensuale “Doedskyss”, provocazione tetra con “Leitar”, dark rock’n’roll con “Den Onde Sirkel”. Mix di generi? Questi disgraziati hanno clonato un campione del DNA di Lemmy, l’hanno mescolato (ed agitato) con l’essenza degli anni ’80 intesi come decennio ad ampio spettro, dalla roba pesante a quella commerciale. Dopo una lunga cottura in forno a 666°C, hanno messo in piedi questa bestia esaltante che definiscono ‘Introversa’ in quanto, secondo il leader, si tratta di musica sorta da esperienze personali, sentimenti privati. Ma la verità è che qui di introverso non c’è proprio nulla: se Lemmy fosse qui e li presentasse ad un evento, sicuramente con la sua voce rauca urlerebbe nel microfono: “they are Slegest and they play rock’n’roll!”.
(Luca Zakk) Voto: 9/10