SOEN – “Tellurian”

(Spinefarm Records) A cosa vi fa pensare un rinoceronte con occhiali, corona e mani umane che, in un interno da quadro di inizio novecento, mangia spiedini e insalate di piccoli uomini? La follia è, con ogni evidenza, ciò che sta dietro al progetto Soen, sorto per iniziativa, come quasi tutti sanno, di Martin Lopez (ex drummer degli Opeth e degli Amon Amarth degli inizi); fino a poco fa militava fra le file della band anche Steve DiGiorgio (bassista di Death, Sadus, Testament e almeno altre 15 bands). Ma non è una follia urlata e pienamente manifesta: si tratta qui di un sentimento più sottile, che si esprime subdolamente, oltre che nelle partiture complesse di questo prog rock con sprazzi metal, soprattutto nei testi, lucidi eppure incomprensibili, dei nove brani di questo “Tellurian”. Ovviamente ci sono molti richiami a Tool ed Opeth, ma questo non mi sembra inficiare la freschezza della proposta. Dopo la brevissima intro tribale “Komenco”, “Tabula rasa” è un trionfo di chitarre labirintiche e atmosfere ‘intellettuali’: perfetto il cantato pulito ed estremamente evocativo di Joel Ekelöf. “Kuraman” mette insieme il mood dei Muse con (nei passaggi più tirati) gli Opeth più prog (ovviamente), per un risultato di sicuro impatto; le luci si abbassano in “The Words”, brano che trasmette un palpabile senso di inquietudine e tristezza. “Pluton” è la vetta del disco: un pezzo che cambia toni e atmosfere forse dieci volte, una vera lezione di progressive e di capacità compositive. Siamo più sul versante rock con “Ennui”, un brano dallo sviluppo morbido ma allo stesso tempo tortuoso; in “Void” si distingue il drumming attento di Lopez, che sa sicuramente il fatto suo. Questo ottimo disco si chiude con i quasi nove minuti di “The Other’s Fall”, costruita su saliscendi positivamente disorientanti (un attimo il brano è tranquillo e l’attimo dopo tutti gli strumenti insieme assalgono l’ascoltatore). Anche i metallari duri e puri dovrebbero accostarsi a “Tellurian” e assaporarne le stimolanti difficoltà.