(Autoproduzione) Nella metallicamente remota Cipro c’è una scena power/epic piccola, ma assai combattiva e prolifica: accanto ad Armageddon 16:16, Arrayan Path, R.U.S.T. e Winter’s Verge, da oggi i defenders dovrebbero imparare a conoscere anche i Solitary Sabred. La band, qui al secondo disco, sviluppa tematiche care al genere presentando un concept su un ex-crociato che rischia la dannazione in un’epica lotta contro il male. L’intro “Synaxxis of Honor” ci introduce appunto ai temi fra lo storico e lo sword and sorcery dell’album, quindi “Disciples of the Sword” riesce a tenere insieme, in modo che mi sembra mirabile, l’anima ellenica e quella americana dell’epic metal: da una parte ci sono i Sacred Blood, i Marauder, i BattleroaR, con quelle strutture power a tratti maestose, dall’altra i Manilla Road, i Cirith Ungol, i Brocas Helm, con la velocità tagliente e il cantato altissimo… e in questo brano sembrano andare tutti d’accordissimo! Molto più pesante, con tendenze al thrash, “Stigmata of Pain”, che permette al singer Petros Leptos di raggiungere vette teatrali molto intense; gli acuti più disumani si trovano invece in “Reedemer”, che invece finisce per essere us metal quasi puro. “Burn Magic, black Magic”, oltre ad avere un ottimo refrain, aumenta a dismisura il tasso di teatralità oscura del disco: la storia del nostro crociato procede fra streghe, inquietanti rumori di sottofondo e brevi parti parlate. Cupissima e cattiva “Realm of Darkness”, mentre la conclusiva “Damnation”, leggermente più lenta, chiude la scaletta con la giusta dose di epicità. Un disco che, con la sua riuscita atmosfera, metterà d’accordo molti appassionati dei generi classici.
(René Urkus) Voto: 7,5/10