(autoprodotto) Giovanissimi, cattivissmi, scatenati. Tuonano dalla Germania e suonano… Bella domanda! Non è facile descrivere questo coinvolgente terzo disco dei Soulbound: c’è del numetal. C’è metalcore. C’è metal moderno, c’e musica digitale, c’è melodia, c’è metallo alternativo. È sorprendente come questi quaranta minuti riescano a risultare capaci di soddisfare un ampio range di preferenze: c’è il digitale del giorno d’oggi, c’è il singing pulito, ci sono le urla del metal core, ci sono assoli, ci sono ritmiche elaborate, strumenti curati… sembra un incrocio tra gli anni ’90 e tutto ciò che è venuto dopo… combinati in maniera semplicemente geniale. Una carica emotiva esaltata da lyrics con tematiche sociali ed attuali che si riversa su ogni riff, su ogni strofa, su ogni istante di queste dodici canzoni arrangiate con maestria e gusto, confezionate in un modo tale da risultare estreme ma anche proponibili, fruibili, dirette ad un mainstream. Travolgente “Words”, si apprezza da subito la flessibilità del vocalist, gli inserti elettronici e la grinta della band. Estremamente catchy il ritornello di “Welcome to the Dawn”. Molto bella “One Million Scars”, una specie di ballad con molta melodia e chitarra unplugged. Possente “ZeroOne”, molto moderne “Forever is Never Done” e “Wake Up Call”, mentre la conclusiva title track (con ghost outro) riassume l’ampia visione creativa di questa band che finalmente riesce a metter d’accordo moderno e tradizionale con un gusto compositivo decisamente notevole.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10