(Inside Out Music) Venticinquesimo album in studio. Il proprio passato nei Genesis, le tantissime collaborazioni. A 69 anni questo musicista è ancora tale. Un nuovo album di un’icona del passato ci porta sempre qualcosa, di positivo, di affascinante (si pensi ai lavori di David Gilmour, Robert Plant, Mark Knopfler per esempio) oppure di cui parlare anche con cinico realismo (l’ultimo di Pasul McCartney, perché no!). Hackett è un altro nome di spessore, per musica di grande respiro e per quanto sia varia. Proprio la varietà contraddistingue “At The Edge Of Light”. Nessun pezzo tra i dieci totali suona come gli altri, per una individuale e distintiva forma che rendono l’album infinito, immenso. Si eleva certamente la chitarra, non da meno le tantissime atmosfere. Steve Hackett è vispo e suona ciò che vuole e sente. Una folta schiera di musicisti completa il quadro d’insieme dell’album. Se la nostalgica “Under The Eye Of The Sun” ricorda Genesis e altri scenari prog mai dimenticati, “Fallen Walls And Pedestals” si ammanta di scenari sinfonici. “Underground Railroad” è un brano country, mentre “These Golden Wings” offre un apparato vocale e melodico leggero come il vento e caldo quanto un cuore che pulsa. Canzone indimenticabile. Lo è anche, indimenticabile, “Beasts In Our Time”, per quanto risulti eccessivamente malinconica e struggente. “Shadow And Flame ha un tocco esotico ed è vicina all’essere un pezzo da colonna sonora. Eccellenti le strumentali “Descent” e “Conflict”, anche se la prima sembra proprio fare il verso a “Mars” dei King Crimson. “Peace” chiude degnamente questo album nel quale oltre a idee, un marchio personale rintracciabile, presenta anche una ragionevole dose di sperimentazione. Nulla di innovativo, ma l’esplorazione in altri campi di Hackett, gli permettono di consolidare una realtà sonora affascinante.
(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10