(HoweSound / Cargo) Presumo che chi abbia dimestichezza con i lavori solisti di quell’artigiano della musica che è Steve Howe, il chitarrista degli Yes e a suo tempo degli Asia, sappia già cosa aspettarsi da un suo nuovo album. Nei suoi lavori solisti infatti Howe ci ha abituati a un insieme di atmosfere, melodie e dimensioni sonore, nelle quali la chitarra è centrale. Vi sono anche i sintetizzatori tra i suoi ferri del mestiere, lui poi specifica che per “Guitarscape” ha lavorato con la nuova Novation Summit, i quali hanno generalmente un ruolo da comprimari o almeno di completamento. C’è poi l’effettistica, ricercata, misurata con attenzione, come un sontuoso abbigliamento a disposizione degli strumenti. Il chitarrista britannico suona tutte le chitarre, elettriche e non, il basso, le già citate tastiere, mentre la batteria la lascia al suo primo figlio, avuto dal primo matrimonio nel 1968, ovvero Dylan. Quattordici composizioni totalmente strumentali che possono essere eleganti, come “Secret Mission”, oppure vivaci, come “Hail Storm”, romantici come “Distillations” ma anche trascendentali, ispirati e spirituali, come “Equinox” e “Suma”. Steve Howe si espande in versanti elegiaci come “Passing Thoughts” e “Spring Rhyme”, addirittura incalcolabilmente inaspettati come il tango di “Touch The Surface”. Pezzi frutto del suonare di Steve Howe, dunque aggraziati e soavemente melodici, dalle durate temporali concise. “Guitarscape” è ciò che ci si potrebbe aspettare da Howe, come una ulteriore possibilità della sua musica e per quanto somigli ai principi soliti, cioè della grazia, leggerezza e della pulizia, tutto risulta puntualmente ammaliante.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10