(Avantgarde Music)La one man band americana con un moniker che si ispira alla famigerata foresta dei suicidi in Giappone (Aokigahara) giunge al secondo lavoro intensificando quella disperata violenza depressiva che ne caratterizza il sound. Un depressive black che non si concentra su ritmi lenti e penetranti, preferendo riff laceranti, veloci, taglienti come lame di rasoio. Le tastiere innalzano il livello emozionale, creando spesso atmosfere lugubri mentre il black tirato genera groove, incalza, travolge facendosi dominare dalla voce devastata di Austin Kruger (Tmpl, Chronovorus, Neyquam, ex Chaos Ascending, ex Infernal Awakening). Arpeggi poderosi, soundscape nervoso, caustico e soffocante, drumming tuonante, una tendenza ad un suono freddo e cosmico: il DSBM di Suicide Forest va oltre e invade la scena suggestiva del black atmosferico, strisciando nei meandri del black gaze, con uno sguardo attento al post black. Cinque brani, tutti molto lunghi: “Reluctantly” è dominata da un senso di dannazione epica, molto veloce e sulfurea “As The Light Fades pt. I”, traccia cavalcata da un riff ossessivo, capace anche di dare spazio ad un ottimo assolo di chitarra. Molto provocante la strumentale “Remorse”, c’è una convivenza tra sentore liturgico e devozione agli inferi su “Trembling In Emptiness”, mentre la consistente conclusiva “As The Light Fades pt. II” riesce anche a traslare verso un DSBM più classico, più lento e tormentato. Un black contemporaneo, di palese matrice nord americana, con influenze inquietanti che fanno ricordare alcuni antichi lavori di Burzum. Dissonanze, evoluzioni, una tecnica tutt’altro che scontata e prevedibile. Approfondimenti introversi che puntano dritti al nucleo dell’Io e assalti brutali sferzati da urla infernali: un favoloso equilibrio tra i vari aspetti delle forme più variegate di depressione… dall’innocente lacrima che solca il viso fino alla corda che stringe con vigore il collo lasciando esalare quell’ultimo sublime respiro.
(Luca Zakk) Voto: 8/10