(Apollon Records) A ben otto anni dal debutto, “Observatory” del 2016, tornano i norvegesi Sunface con la loro idea musicale molto personale e per certi versi originale. L’obiettivo primario scelto dalla band sono le percussioni, molte percussioni, specialmente quelle di vecchio stampo, quelle che arrivano fino al folk o più accuratamente al tribale, premessa che già garantisce al loro sound delle pulsazioni molto profonde. Ma la band non ama solo percussioni, adora i suoni caldi africani e quelli misteriosi del medio oriente… il tutto senza farsi mancare chitarre dannatamente pesanti, un inno al downtune, abbracciando con grinta ogni interferenza galattica emanata dallo space rock psichedelico. La opener, la title track, spiega subito questa idea: sopra un muro di percussioni incandescenti, la chitarra si lascia andare acida, pungente, graffiante, mentre il vocalist sembra diffondere la sua voce eterea da una dimensione parallela, in qualche modo collegata alla nostra grazie ad un effimero ma capiente varco spazio-temporale. Non puoi mettere doom, stoner e pesantezza dietro a etnie e ritmi tribali, ed infatti con “New Nature” questi bellissimi concetti vengono intelligentemente presi a pugni dall’incedere aspro, tuttavia molto atmosferico. È pulsante, ipnotica e quasi lasciva “Tall Trees”, la divagazione di chitarra di “Garden Of Lanterns II” conduce ad una provocante e granitica “Second Voyage”, uno dei brani che in modo più eccitante riesce a combinare percussioni allo stoner in tutta la sua evoluzione ricca di immagini psichedeliche. Penetrante e misteriosa “Thunder Era”, cupa, astratta e sensuale “Violet Ponds“, sognante e ricca di malinconica positività “Green Fields And Familiar Faces”, cosmicamente ipnotica la lunga, vibrante, acidissima… la favolosa e conclusiva “…Through The Snow And Beyond The Fertile Land”. Un album avvolgente, un album dentro il quale lasciarsi andare, un album da cavalcare per viaggi veri o immaginari verso mete lontane, oltre ogni confine fisico o mentale, reale o immaginario. Tra gli Hawkwind e Sam Gopal, con un tocco di dark, una dose massicica di doom, una struttura solidamente stoner e tanto fumo illuminato da stroboscopici abbagli psichedelici. Un mix impossibile? Assolutamente no! Ascoltare per credere… percepire per convincersi!
(Luca Zakk) Voto: 9/10