(Redemption Records) Tramite canali strani e blasfemi, entro in contatto con Freddy TM, uno dei chitarristi di questa band dal moniker ai confini dell’assurdo, del demenziale. Entro in possesso del CD. Lo guardo. Titolo micidiale, sotto un moniker che, se la storia si ripete, risulta pericoloso: l’ultima volta che mi trovai a pensare che il moniker di una band fosse orribile, sono diventato fans sfegatato, tanto da …. finir per amare il moniker stesso. Apro e sfoglio il booklet. Quattro individui: immagine perfetta. (IL) Carranza, drummer d’assalto, cattivo in foto e in musica. Freddy: meglio non litigarci. Mai. Nardo, l’altra sei corde: essere appartenente a qualche deviata realtà ispirata all’arancia meccanica. E non solo in foto. E poi un cantante, JJM, con un basso dalla meravigliosa estetica vintage, ed un look che sembra uscito da qualche perverso ed oscuro mondo romantico appartenente ad epoche musicali passate. E la voce è perfettamente allineata al look, surreale, irriverente, lontana da qualsiasi regola, ai limiti di una infernale presa in giro. Una voce dolce, una voce perversa, una voce infernale. Sono dieci le tracce, premo play, ed iniziano questi 45 minuti di musica. Ascolto ignorando completamente a cosa sto per andare incontro. Ignoro in quale mondo la mia mente si sarebbe materializzata da li a poco. “The police stopped me for speeding”. E’ il sample che apre il brano iniziale, “Creepy Monkey”. Un riffing tagliente, micidiale, sopra un groove coinvolgente offre spazio ad una voce che ricorda Ozzy Osbourne sotto l’effetto di droghe -che manco Ozzy Osbourne ha mai provato- torturata da processori digitali, deliziosamente stuprata da effetti elettronici. E di fatto l’elettronica è molto presente in “Love And Rain”, dando origine ad un sound post dark wave crivellato da concetti alla Fear Factory, Godflesh e Death SS. I Death SS non li cito a caso: I Susy Likes Nutella hanno una storia travagliata e malata come il loro perverso sound. Anni ’90, scena alternativa. Spregiudicati e osceni. Assurdi. Alle porte del successo. Ma poi l’italia (i minuscola) è troppo puritana per copertine troppo esplicite, e non funziona nulla, compresa la label che chiuse prima di pubblicare un loro album (“Gunge”). La band muore e i componenti rimangono attivi sulla scena nazionale, con realtà che coinvolgono proprio Steve Sylvester e pure Kaiser Sose. Salto avanti nel tempo: 2012. Susy torna a mangiare la nutella, la band si riforma, un nuovo chitarrista (che guarda caso ha avuto a che fare proprio con i Death SS). Ed infatti c’è molto sound “Death SS-alike” in questo disco, specialmente della fase più digitale della storica band italiana (“Panic”). Intanto l’album prosegue. Il groove di “Creepy Monkey” lascia spazio a “Blue” che inizia con una tastiera inquietante la quale diventa un riffing pesante, dove la voce di JJM risulta cupa per poi, lentamente, tornare all’irriverente tonalità beffarda. La title track parte furiosa, digitalmente sporca, ha una base ritmica coinvolgente, un drumming pieno e JJM torna ad essere quell’assurdo essere ai confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti in una epoca post atomica non ben definita, forse mai esistita. Il pezzo ha una linearità sconvolgente, colonna sonora atmosferica di scene di violenza inaudita. Ritmica sismica su “Plastic Feelings”, costruita su atmosfere elettronicamente surreali. Violenta e canzonatoria “Lost”, mentre il cantato quasi romantico di “Sick Angel” si sviluppa su altre ritmiche intense ed incontrollabili. “Old Man Blues” apre con suoni che fanno sognare (cornamusa?) ma toglie subito il fiato: pulsante, l’energia pulsante generata da qualche minerale extra terrestre si scatena intensa, diventa ritmica tagliente -ormai il marchio di fabbrica della band- efficace, lontanissima dal blues, vicinissima a qualcosa di moderno e senza tempo (e nemmeno spazio…). Immensa la traccia protagonista del bellissimo video della band: ”The Return Of Mrs. Web”. Pezzo sconvolgente, potente all’ennesima potenza, con quella maledetta voce che voglio a tutti i costi odiare (credo sia il suo scopo) ma che finisco per amare ed esserne assuefatto: una droga malvagia, un tunnel dal quale tutti vogliono uscire, ma li dentro è tutto troppo bello, dispersi tra incubi e sogni, fantasmi e demoni, pazzia ed assurdità. Sensualità, erotismo, malattia, perversione. L’album chiude con due mazzate: “Time To Change”, introdotta da un fantastico sample che è una non dolce dichiarazione di amore tra due ragazze, offre melodia fantastica sempre sviluppata su ritmiche selvagge e dal dolce-amaro sapore alternativo. “The Corny Song”, in chiusura, è la rinascita dell’essenza del dark, dove impulsi digitali creano una vita artificiale vicina a concetti oscenamente divini. Va bene, vi sto parlando di un disco uscito un anno fa. Arrivo tardi? Forse (non che me ne importi). Ma che senso ha il tempo quando la musica ti trascina in una dimensione spazio temporale indefinita? Che senso ha parlare di ieri, oggi e domani quando questa immensa esperienza artistica si materializza in qualcosa che va oltre i confini terreni, musicali, mentali? Io lo sapevo, e ve l’ho detto: devo fare attenzione alle band con i moniker dementi. Sono droghe che mi causano dipendenza, ed io, nella mia deviazione, mi sento bene -benissimo- e non ho nessuna intenzione di uscirne.
(Luca Zakk) Voto: 9/10