(Far Horizon Music) Due musicisti che si incontrano nuovamente sedici anni dopo il precedente album, quel debutto intitolato “Obyčej slunovratu” del 2005 (ascoltalo qui). Una reunion in qualche modo, un ritorno, chiamatelo come volete… ma il piacere d’ascolto che questi sei corposi brani, di questa band ai più sconosciuta, riescono a far provare è stupefacente. Chi non li ha mai sentiti nominare, penserà si tratti di un’altra band proveniente da qualche freddo angolo artico… ma la verità è che gli Svardenvyrd emergono da qualche angolo non ben precisato della Repubblica Ceca, terra che in ambito black offre abitualmente sonorità diverse da questo ‘pagan black’, ricco di melodia, di pulsazioni, di mid tempo lenti ed irresistibili, con testi scritti dal batterista Einskaldir (ovvero Michal Paďour, anche batterista degli Heiden) i quali abbracciano tematiche non strettamente legate ai canoni dei vari sottogeneri black: il disco parla delle vittime di uno dei peggiori atti di violenza contro l’umanità, quello inflitto ai popoli di Polonia, Ucraina, Bielorussia e i Paesi Baltici Baltici tra il 1925 ed il 1945, atti generati da due mostruosi regimi totalitari in mano altrettanti mostruosi dittatori, i quali lasciarono una ferita che mai potrà completamente guarire. È infatti missione dichiarata della band far si che quelle vittime di pulizie razziali, politiche ed etniche, che quei nomi e quei volti non vengano mai dimenticati, per far si che un simile orrore non possa mai più ripetersi. Subito drammatica la title track, brano che poi attraverso percorsi melodici riesce a diventare magnetica grazie a quella ritmica marziale alimentata da una chitarra che sa crescere arrivando ad improvvisare. Dannatamente trainanti riff e ritmica di “Memories Will Keep Us Alive”, un brano che provoca tanto headbanging quanto spunti di riflessione grazie all’intenso testo, con una struttura di accordi in costante groove, sempre con risoluzioni accattivanti. “The Horizon Was Clear, Far and Charming” non è da meno, incalza, si rivela prorompente, provocante, ancora con una chitarra in grado di scolpire melodie favolosamente suggestive. Capolavoro “Forest Shelter”: canzone che apre con sonorità ricche di speranza, le quali lentamente divagano verso i territori DSBM tipici dei Nocturnal Depression, quelli ricchi di chitarre brillanti e mid tempo ipnotici. Evoluzioni a tempi dispari sull’ottima “I Wished To Follow The Sun”, prima della conclusiva “My Journey Ends Here”, un brano che unisce mestizia ad un urlo di disperazione disumano espresso da quel tremolo che abbraccia un drumming lento ma ricco di dettagli. Dietro la bella copertina creata da Luděk Řezáč (Heiden) recante il logo disegnato dal noto Christophe Szpajdel, con un titolo assolutamente rappresentativo del concept, “Scarred Lands” rivela una band molto profonda, sia tematicamente che musicalmente. Un black con una impostazione orientata al pagan, mai alla ricerca di ritmi brutali, un black malinconico ma ricco di vibrazioni, un black che ipnotizza e cattura completamente grazie a composizioni superlative e all’ottimo lavoro in studio di un ottimo Pavel Hlavica!
(Luca Zakk) Voto: 10/10