(Sun and Moon Records) Tornano con un terzo album gli ungheresi Svoid, a ben otto anni dal precedente “Storming Voices Of Inner Devotion” (qui), percorso interrotto solo da un EP (qui) che li vedeva sperimentarsi in direzioni più soft, più dark wave, più post punk. Era quello un passo in avanti? Forse un passo indietro? Secondo me era una componente dell’evoluzione, in quanto questo nuovo lavoro non abbraccia la componente black (per quanto molto personale) del debutto “To Never Return” (qui), mantenendone tuttavia il groove, si dirige piuttosto verso “Storming Voices Of Inner Devotion”, evitando però quelle similitudini black’n’roll con bands quali i Tribulation, prendendo infine il sound a-là Anathema dell’EP e ritornando a farlo suonare graffiante, aggressivo, senza l’unicità delle clean vocals dark pop, ribadendo l’ottimo growl del cantante, dando spazio ad eventuali alternative solo quando tematicamente necessario, cosa che appare evidente in brani quali “All Torn Apart”, o la seducente “In Sacred Magic”, nella quale clean e growl duettano in modo accattivante su una traccia tanto oscura e polverosa quanto melodica e brillante. “Neptunian Genesis” vanta un sound che mescola death metal a tendenze avant-garde, mentre “Light Years from Now” è musica dark resa diabolica da un growl possente, con una progressione trionfale non certo banale. Gli Svoid si scatenano con l’irriverente “Samvega – Nekkhamma”, diventano più introversi con la provocante “Twilight Draws Nigh”, uno dei brani meglio riusciti del disco. Le tenebre sono pericolosamente impenetrabili con le melodie seducenti di “The Shell”, emerge un ulteriore trionfo di una malinconia decadente con “Moonwise Journey”, traccia con linee vocali oscure e pregne di sofferenza, le quali fanno debuttare un timbro molto coinvolgente e capace di incrementare la resa emozionale… cosa che poi succede nuovamente con “Black Hole District”, prima della conclusiva e piacevolmente nostalgica “Infinity of the Elements”. Gli Svoid ci hanno messo diversi anni, hanno esplorato i confini proibiti o meno del metal e del loro sound, riuscendo finalmente a scolpire un piccolo capolavoro di musica stilisticamente indefinibile, ma palesemente appartenente a molteplici ambiti dell’oscurità, dell’aggressività e della sempre stimolante decadenza umana.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10