(Season Of Mist) Sublime fusione tra death metal estremo, elettronica, concetti tribali ed costruzioni cinematografiche. Ma non solo: ci sono fattori sinfonici, industriali, avantgarde. E’ questa l’essenza degli olandesi TMDC, un essenza estremamente esplosiva, un’essenza che li rende unici, e dannatamente fantastici. Aspettavo con ansia questo disco. Musica dal sapore complesso per palati esperti. Musica non semplice concepita da una band assurda. Musica assolutamente non semplice. Il loro particolarissimo concetto di death metal è brutale, ultra tecnico, raffinato. Molto identificativo. Ed il loro senso dell’umorismo è geniale. La propaganda precedente alla pubblicazione di questo quarto lavoro è stata esilarante: improbabili recensioni di altrettanti improbabili giornalisti, che recitavano stronzate del genere “Non è un problema che i TMDC abbiano scritto TETRAGRAMMATON, è solo un peccato che poi non l’abbiano bruciato”, oppure “I Monolith Deathcult sanno di musica tanto quanto un maiale ne sa di matematica”. Lo stesso retro della copertina riporta qualcosa come “un uomo non può aver concepito una massa di stupide schifezze come Tetragrammaton, a meno che non sia stato posseduto da un asino sentimentale che è morto di crepacuore”. Il titolo stesso è stato scelto perché dopo “Trivmvirate” (che richiama al numero tre) volevano qualcosa che richiamasse al numero… quattro! Non dimentichiamo che essi stessi divulgavano il titolo dell’album, non certo di immediata lettura, con errori tipici da giornalista superficiale: TETRACHRAMMATON, TETRAGRAMMAFON… Tale ironia passa dalla stampa finta alla musica, con la traccia conclusiva che in coda, dopo ben due minuti di silenzio, presenta una divertente versione deviata di un quiz televisivo, dove la voce narrante dell’album si lancia in diversi tentativi, errati, di pronuncia del titolo stesso. Se l’ironia, l’autoironia, è il loro modo di presentarsi al pubblico, a livello musicale ogni scherzo scompare. Si disintegra. “Tetragrammaton” è un’opera di death metal moderno di assoluto valore. E’ devastante. Coinvolgente. Riprende le svolte stilistiche del precedente “Trivmvirate”, dove il suono brutale è circondato da elettronica di vario tipo, e propone sette tracce infami, che comunque sono da godere tutte assieme: sia per i temi trattati, sempre legati a guerre e/o eventi particolarmente nefasti a cura della premiata ditta Genere Umano Spa, sia per i legami orchestrali, sia per la voce narrante a cura di Optimus Prime, uno dei robot protagonisti di Transformers (la voce è appunto di Peter Cullen, il quale, a detta della band, è stato costretto con la tortura, a partecipare). Quasi un’ora di distruzione acustica che diventa sempre più accattivante ascolto dopo ascolto. La produzione è praticamente un’opera chirurgica: anche nei blast beats più violenti (i TMDC non risparmiano su questo…) con la voce spinta a livelli subumani il suono risulta preciso, definito. In cuffia è un trapano che ti trapassa da orecchio ad orecchio. Nei momenti caratterizzati da orchestra, effetti, canti, cori tribali o di origine orientale, il suono continua ad essere superbo. Infernale la opener “Gods Amongst Insects”: da un invito che è una celebrazione all’orrore umano, si catapulta dentro un livello di violenza allo stato puro, selvaggio, totale. La velocità si scambia con momenti pesanti, cadenzati, ritmati: roba che in concerto può seriamente minare la stabilità di qualsiasi location abbia il triste destino di ospitare questa band con la sua mandria di fanatici. “Human Wave Attack”, è una traccia che gode della narrazione di Optimus Prime. Un pezzo eplicito, schietto: una trivellazione del cervello costante che verso la fine sfocia in una inquietante atmosfera che si regge in equilibrio tra il cinematografico ed il digitale. “Drug, Thugs, Machetes” è carnale, tribale. Una canzone che suda, che sanguina. Che uccide. “Todesnacht Von Stammheim” nasce sulla scia della bellissima “Kindertodeslied” di “Trivmvirate”, a detta della band per riprendere quella menata alla Rammstein che sembra piacere tanto. Goliardia a parte, questo pezzo è un’autentica bomba. Ha un coro (“Ho-Chi Min!”) che diventerò presto il vostro peggiore incubo. Una canzone che ha un’essenza di radici della brutalità umana. Oscura nell’impostazione, nelle aggiunte digitali. Superlativa. “S.A.D.M. (Supreme Avant-Garde Death Metal)” celebra la band stessa. Ed è forse è proprio il pezzo meno riuscito del disco. “Qasr Al-Nihaya”: titolo arabo il quale, sempre a detta della band, è per far piacere ai loro fans che ascoltano anche i Nile. Un pezzo assolutamente pesante, un macigno che ti sfonda lo stomaco. L’album chiude con l’imponente “Aslimu!!! (All Slain Those Who Bring Down Our Highly Respected Symbols To The Lower Status Of The Barren Earth)”. Imponente il titolo. Imponente la pesantezza. Imponente la parte finale, dove i suoni letali vengono sapientemente iniettati da accenti di sapore medio orientale, portando verso una crudele conclusione di questo terrore sonoro. Un capolavoro. Una band unica.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10
Questa è la migliore recensione a “Tetragrammaton”. Moltissime informazioni sono tuttavia tratte dalla migliore intervista mai condotta ai TMDC.
L’autore dell’intervista è Islander di NoCleanSinging.com.
Eccovela: