(Epictural Production) La Epictural Production pubblica sempre qualcosa di interessante, se non addirittura di particolarmente distintivo. Con i Theosophy l’etichetta francese tiene alto lo standard qualitativo, pur con una proposta non tale da essere particolarmente distintiva. I russi Theosophy hanno già pubblicato cinque album, più altre cose come uno split con i Bizarrekult, in quasi venti anni di carriera. Da sempre creature che si nutrono di black metal, Theosophy approdano all’etichetta francese dopo anni di stanza alla tedesca No Colours. “Bleeding Wounds of the First and the Last” si apre con gli oltre otto minuti della title track, nella quale si ravvisano immediatamente i dettami del black metal norvegese e con risvolti vicini ai Dimmu Borgir, in alcuni frangenti, ma soprattutto a quei guerrafondai di una volta che erano gli Immortal. Il secondo brano, “Majesty of the Two Rivers” di sei minuti e mezzo di durata, lascia venire fuori un tono meno classico e allocabile al melodic black metal di questi anni. Nei due brani si avvertono chitarre granitiche quanto fredde: distorsioni gelide e riffing spedito. Sono Phantom, anche voce e basso, e Egiborg a decidere le sorti melodiche le quali diventano piuttosto accattivanti con melodie in sincrono appunto tra le due sei corde che armonizzano. Lo sfondo melodico è tinteggiato dalle tastiere di Eeks Eye, le quali non sono dominanti e non viene neppure in mente di avvertire un senso symphonic nei pezzi. Il black metal dei russi è ben modellato ma incentrato totalmente sulle chitarre, tese a lavorare con riff, stilettate in tremolo oppure con qualche polifonia breve ma efficace. Skinner, batteria, segue il passo delle sei corde e accelerando quando si deve o scansionando colpi misurati per rullate immediate e brevi. Considerando “Ash” che sfiora i cinque minuti di durata, il resto dei pezzi che sono sei in totale, si avvalgono tutti di una durata importante e non sempre però giustificata. Tuttavia “Bleeding Wounds of the First and the Last” è una messa in scena del black metal nella sua totale valenza norvegese, dunque legato a schemi degli anni ’90, non i primissimi, e con suoni piuttosto curati e lontani dall’essere raw. L’atmosfera dell’album è dunque truce, battuta da venti polari e da un tensione divorante in una cornice di stile rielaborata.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10