(Nuclear Blast Records) Secondo capitolo della trilogia “Leviathan”, un insieme di canzoni che riportano all’essenza dello stile che ha reso famosa la band svedese. Il concetto, già spiegato in occasione del primo atto (recensione qui) è semplice: dopo il maestoso impegno che fu necessario per l’opera “Beloved Antichrist” (qui), un album tanto grandioso quanto poco capito, i Therion hanno deciso di dare ai fans quello che essi desiderano, anziché cercare ogni volta nuove strade diverse. Certo, tanti anni fa quella ‘strada diversa’ fu la base della loro fama (parlo di “Theli” e, in particolare, del superlativo “Vovin”)… ma oggi, dopo quasi trentacinque anni di storia, forse è un po’ difficile rinnovarsi davvero. Pertanto, ecco che un po’ presi da una foga di ispirazione, un po’ spulciando nella vasta biblioteca di brani e idee mai pubblicate nel tempo, Christofer & co. materializzano qualcosa come quaranta canzoni, sufficienti per riempire ben tre dischi… il precedente, questo, e quello che verrà l’anno prossimo. I più maliziosi diranno che si tratta di una mossa commerciale, che ‘pure loro c’hanno le bollette da pagare’ ma, dopotutto, sono veramente i fans che esigono, che chiedono questo tipo di canzoni… altrimenti ai concerti non sarebbero sotto il palco ad invocare i grandi classici della band. “Leviathan II”, tuttavia, risulta strano: se i primi ascolti enfatizzano fin troppo quel concetto definibile come ‘roba tipica dei Therion’, gli ascolti successivi iniziano a scatenare la belva, a lasciare che il veleno della genialità si insinui nell’etere, fin dentro l’udito e la percezione mentale di ogni ascoltatore. Certo, leggerete colossali bocciature per questo disco, pesanti contrasti che cavalcheranno il destriero del ‘roba già sentita’. Ma per coloro che osano, per quelli che vanno oltre il canonico singolo ascolto che i serrati ritmi di una redazione musicale… o la frivolezza del consumo digitale impongono, ecco… per questi (pochi) eletti, “Leviathan II” diventa fonte di piacere crescente, giorno dopo giorno, ascolto dopo ascolto. Certo, ci sono i classici dettagli della musica dei Therion… ma questi dettagli vengono qui esaltati, ingranditi, adorati, resi forza suprema. I cori di “Aeon of Maat”… l’incalzante gloria di “Litany of the Fallen”, lo stile iper-classico di “Alchemy of the Soul”, il quale vede un riff semplice e diretto sovrastato da cori ed orchestrazioni immense. Rabbiosa e tetra “Lucifuge Rofocale”, grandiosa e provocante grazie ai sui legami tradizionali “Marijin Min Nar”. “Hades and Elysium” si rivela essere una specie di “Land of Canaan” in forma ridotta, travolgente “Midnight Star” con il suo finale affidato ad un irresistibile organo. Lineare ma con grandi vocals “Cavern Cold as Ice”, drammatica e trascinante “Codex Gigas”, intensa e gloriosa la conclusiva “Pazuzu”. Tra le bonus, linee vocali alternative per “Aeon of Maat” ed una versione leggermente più rock di “Pazuzu”. Così dannatamente Therion, ma anche così maledettamente ‘Therion ritrovato’. L’esito? Ascoltatelo -cazzo- questo album. Dimenticate il passato, ma tenetelo comunque nell’anticamera del vostro cervello musicale: il piacere generato, dopo qualche ascolto, sarà un qualcosa di infinitamente seducente!
(Luca Zakk) Voto: 9/10