(Glasstone Records) Mea culpa, anzi doppia mea culpa. Innanzitutto non mi piacciono i gruppi in cui ci sono troppi nomi altisonanti da altrettante band, questa è la mia prima colpa. Si, sono un tipo prevenuto… Seconda colpa: avevo perso le tracce di Mike Young, ex bassista di Devin Townsend… Insomma, ho peccato di arroganza, ecco. Per fortuna questi canadesi mi hanno fatto ricredere sui supergruppi. Perché qui c’è al microfono Dave Padden, voce dei connazionali Annihilator per circa un decennio, alla chitarra poi c’è Justin Bender, ex Into Eternity. Bastano come credenziali? Sulla carta si, ma nel concreto? I Third Ion sono a mio parere quello che avrebbero dovuto essere gli Opeth una volta decisa la svolta anni ‘70. La differenza con gli svedesi è che qui la pesantezza del suono è rimasta intatta, eppure le coordinate sono chiaramente prog di quarant’anni fa. La voce, fatalità, assomiglia leggermente a quella pulita di Åkereldt. Ma a stupire sono le partiture e il suono della chitarra, pesante ma precisa, uno stile che negli assoli ricorda Oliva dei Savatage. Basso e batteria sono paradossalmente meno prog e più heavy del mood generale, contribuendo non poco ad un risultato personale, mai scontato e freschissimo. Nessuna traccia stanca, nonostante il minutaggio medio lungo ciascun tassello sembra inserito nel complesso esattamente al suo posto. La dissonanza di certi passaggi, stranamente, si inserisce perfettamente nel contesto dell’album contribuendo ad accrescerne la personalità. Se non fosse ancora chiaro, questo è un disco da comprare ad occhi chiusi per gli amanti del progressive.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8,5/10