(Season of Mist) Un black metal che vomita violenza avvelenata con influenze che spaziano da hardcore (percepibile dalle linee vocali) a sludge, senza dimenticare l’aura occulta generata da passaggi atmosferici che remotamente strizzano l’occhio ad un black di matrice sinfonica. Gli svedesi giungono con questo trono di cenere al terzo album, rinnovando la prolifica collaborazione con la Season of Mist e danno ‘vita’ a tre quarti d’ora ostili, annichilenti, devastanti, annegando ogni generalmente riconosciuto concetto melodico in una brutale e degenerata ira sonica totalmente incompatibile con qualsivoglia idea di vita, pace, tranquillità o profondità spirituale. La band, rispetto ai lavori precedenti, rende più precisa e cinica la brutalità grazie anche all’aggiunta di un chitarrista, perfezionando quell’intensità acustica concepita per la rabbia, il malumore ed un a generale alimentazione di uno stato d’ansia capace di sfociare e sfogarsi in una impetuosa angheria. Oscura e maledettamente suggestiva “Monuments for Dead Gods”. Violenza dissonante su “Blood Is My Harvest”, tracce di un groove che conduce alla morte cerebrale su “Thresholds”. Odio espresso con apocalittica precisione clinica con “Wolvking”, ostilità e ribellione di matrice punk su “I am Katharsis”, dettagli nevrotici che ricordano i Mistycum in “In Your Black Halo (Mass 317)”, atmosfere decadenti e deliziosamente occulte sulla conclusiva “Wormwood Star”. Un’assoluta visione oscura -anzi nera- di tutto e di tutti. Furia cieca concepita con cinismo e non semplicemente frutto di una totale perdita del controllo. Una premeditata azione offensiva: oscurità che genera claustrofobia sonora. Un mostro privo di luce che trascina con crudeltà attraverso un viaggio massacrante, dove riff estremi, blast beats disumani e grida orribili mescolate a ululati inquietanti completano un soundscape dissacrante, destabilizzante e completamente orientato allo sterminio di massa.
(Luca Zakk) Voto: 8/10