(Better Noise Music) Tommy Lee non ha mai fatto nulla per risultare simpatico, mentre ha fatto di tutto per rompere i coglioni. Lo trovo un pregio, un merito, specialmente per una rock star appartenente all’epoca nella quale esistevano le rock star. Al di là dei Crüe, Tommy ha sempre avuto tendenze musicali personali alquanto contorte, divergenti, astratte e lontane dal metal. Dopotutto non è il primo e non sarà l’ultimo: basti pensare a le evoluzioni di bands quali gli Ulver… oppure all’ultimo arrivato nel territorio della divagazione, ovvero Teloch, il chitarrista dei Mayhem, il quale ha recentemente pubblicato un album completamente elettronico con il suo nuovo progetto Bergeton (recensione qui). Tommy Lee non è nuovo a queste cose. Nel 1994 i Mötley Crüe pubblicarono un EP che offriva un brano firmato da ciascuno dei membri… e Tommy andò contro tendenza con la sua “Planet Boom” ricca di beat, rap, roba tutt’altro che metal. Poi vennero i suoi Methods of Mayhem con gli album “Methods of Mayhem” (1999) e “A Public Disservice Announcement” (2010). Quei dischi finirono per portarlo in giro per festival (metal)… tanto da essere fischiato (e bombardato di bottiglie) al Gods Of Metal del 2000 a Monza. Io non c’ero, ma forse sarei stato uno dei pochi che non avrebbe lanciato niente altro che grida di apprezzamento verso quel palco. Tra l’altro amai (e amo ancora) quel disco del 2010 tanto che brani quali “Drunk Uncle Pete” e “Louder” sono ancora pezzi che adoro. Anche i suoi album solisti (ovvero a suo nome) mi piacciono… e ci sono canzoni di “Never a Dull Moment”, come “Hold Me Down”, che si collocano lontani dal ‘rap di Tommy’, risultando potenti e molto rock. Ora a 15 anni dall’ultima sua uscita solista, Tommy torna. Torna con “Andro”, dietro una copertina dai colori e simboli sicuramente strafottenti… in perfetto stile Tommy. In passato i guest sono stati tanti, da Chino Moreno dei Deftones a Butch Walker, da Andrew McMahon a Snoop Dogg, da Kid Rock a George Clinton e, con questo nuovo album, le cose non cambiano per niente: ci sono rockers quali Josh Todd (Buckcherry) e Lukas Rossi oppure rappers quali Killvein, Mickey Avalon, la folle Brooke Candy o la sudafricana Push Push. Il tutto per un assalto sonoro controverso, alternativo, devastato. C’è la pazzia di Tommy Lee dietro ogni brano. C’è un’alternanza musicale costante, ugualmente prevedibile ed imprevedibile. C’è alternanza di genere, è un album maschio, è un’album femmina…. è un album che tiene fede al titolo, portando uno stato di instabilità cerebrale verso divagazioni musicalmente androgine. “Knock Me Down” è rabbiosa, pesante… un metal-rap non nuovo nella storia della musica heavy. Sensuale “You Dancy”, iper digitale “Ain’t Telling Me Nothing”, drammatiche “Same Coma” e “Leave Me Alone”. Rock suggestivo su “When You Were Mine”, molto sexy “P.R.E.T.T.Y.”, estremamente pop “Make This Storm”, mentre al pop si aggiunge un beat trance sulla conclusiva “Make It Back”. Tommy ancora una volta ha fatto quel cazzo che gli è venuto in mente di fare, come al solito… che si tratti di volteggiare con la batteria sopra il pubblico o girare un film porno con la fidanzata. Tommy è sempre stato un eccesso e, in un ambito metal dove eccedere inizia ad essere difficile, lui va contro tutti con il dito medio ben in vista, dando vita a un disco che, rap e beat a parte, lascia trasparire un senso apocalittico. Ma questo “Andro” è un bel disco? Da un punto di vista strettamente metal la domanda non ha senso, diciamocelo, non se ne dovrebbe nemmeno parlare in queste pagine. Ma il metal è anche ribellione, controtendenza, irriverenza. Il metal è mandare a fare in fanculo tutto e tutti. Esattamente come questo testo che fa capolino in queste pagine.
(Luca Zakk) Voto: 8/10