(Antiq) Come se del black metal fosse suonato all’interno di una tempesta di neve. Viene alla mente questa immagine ascoltando il debutto di Tour D’Ivoire, perché il suono arriva compresso e offuscato, come certe tipiche registrazioni del black metal manifestato in maniera ruvida e volutamente approssimativa, dozzinale a volte impropria. Con un taglio totalmente atmopspheric, Hyver (Véhémence, Grylle, Hanternoz) La Griesche (ovvero Joanna Maeyens di Grylle, Cercle du Chêne) inscenano dunque questa lacerante visione del mondo coperto da nebbie, irrealismo e spettralità. Riff prolungati e freddissimi, sintetizzatori a rinforzare questi scenari con voce in scream e cori armoniosi di lei, La Griesche. Il black metal di Tour D’Ivoire fonde uno smarrimento dei sensi con un qualcosa di mistico, narrato attraverso queste chitarre di Hyver che suona poi tutti gli strumenti e regola i pattern ritmici artificiali. Con La Griesche, anche curatrice del layout dell’album, lei che è anche pittrice e non solo, date un occhio QUI, tra l’altro nelle foto promozionali appare in dolce attesa, e Hyver si affianca anche il bassista Erroiak Udazken, mastermind proprio del progetto Erroiak. “Tour D’Ivoire” consta di soli quattro pezzi ma dal minutaggio sostenuto. Si mette in mostra “Forteresse de Marbre” con i suoi fraseggi suggestivamente medioevali, pur se l’opener di oltre otto minuti “La Tour” apre in maniera mostruosa e sconcertante con il suo gelo del quale si è già scritto più su. “Givre”, cioè ‘gelo’, vede i tre musicisti impegnati in un’apertura del brano articolata, con l’insieme che possiede sembianze vagamente Burzum, con a contrasto la voce di La Griesche in scream e pulita in apertura e con l’aggiunta di tastiere in sottofondo che pronunciano una nenia. La ‘Torre d’avorio’ è black metal minimale, maledettamente d’atmosfera e a suo modo romantico nel riproporre il genere nella sua essenzialità.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10