(Nuclear Blast) Ed eccola qui, la nuova incarnazione dei Rhapsody! Probabilmente molti di voi avranno perso la bussola fra Rhapsody, Rhapsody of Fire prima dello scisma Turilli/Staropoli, Rhapsody of Fire del solo Staropoli che per strada perdono Fabio Lione, Luca Turilli’s Rhapsody, poi di nuovo Rhapsody e basta per il farewell tour… da cui sono venuti fuori i Turilli/Lione Rhapsody, che sono in pratica i Luca Turilli’s Rhapsody con Fabio Lione alla voce, e Alex Holzwarth alla batteria! Perdonate se la prendo con ironia, ma i Rhapsody (e basta) sono stati forse la mia (seconda) band preferita di sempre, e vederli perdersi in questi infiniti cambiamenti e in questa ‘concorrenza’ un po’ mi spiace… ma giudichiamo questo disco per quello che è. E – sia chiaro subito, onde evitare fraintendimenti – al sottoscritto “Zero Gravity” NON sembra un capolavoro. È un buon disco, sia chiaro, e dati gli attori in scena non poteva essere altrimenti; ma l’estro di Turilli ha prodotto cose certamente migliori in passato, a cominciare da “Prometheus”. Sei minuti abbondanti per la opener “Phoenix rising”: i suoni sono certamente quelli del Turilli solista, dunque un ‘cinematic metal’ (o comunque vogliate chiamarlo) con complesse armonie vocali, suoni boombastici, un ottimo ritornello solare; il valore aggiunto è naturalmente la voce di Fabio Lione, che senza nulla togliere ad Alessandro Conti ha un tocco in più che va oltre l’estensione in ottave. La titletrack, che è forse il brano più classicamente power, è comunque ben carica di cori, ricami orchestrali e raffinatezze new age. Dinamica “DNA (Demon and Angel)”, cui partecipa Elize Ryd degli Amaranthe, mentre la solare “Decoding the Multiverse”, che contiene anche diversi passaggi progressive, si illumina anche per un movimento alla Queen. “Multidimensional” ha ancora un tocco prog, e anche “I am” (ospite Mark Basile dei DGM) si muove fra i funambolismi delle chitarre e aperture melodiche che possono ricordare i Fates Warning. “Arcanum (Da Vinci’s Enigma)” offre, per un gran finale, un testo in italiano tutto da scoprire, incastonato in un tessuto sonoro da grande cinema; come in italiano è la sontuosa ballad “Amata immortale”, cui forse manca un ritornello over the top per competere con le rivali già composte da ogni incarnazione dei Rhapsody. Grande musica, certo: ma per artisti che hanno avuto altissimi picchi creativi, e ora vogliono anche sfruttare il rinnovato momento di gloria.
(René Urkus) Voto: 7,5/10