(Purity Through Fire) In attività da un paio di anni o poco più, gli Úlfarr pubblicano solo ora il primo album dopo una serie di demo, split, live e cose del genere. Inglesi e lo si avverte con “…Hie Dygel Lond” che segue l’intro omonima all’album. Infatti i suoni risultano compressi, quasi piallati, non sarebbe una novità nel ondo del black metal, ma la batteria lavora molto sui tom, mentre le chitarre creano una marea costante di riff secchi, brevi, indiavolati certo ma anche essenziali nel loro essere. Uno stile poco glaciale come lo è quello della scuola scandinava del black metal, gli inglesi infatti puntano a variare di sovente nei pezzi proprio le trame delle chitarre, puntando su trame immediate, fulminee, anziché prolungarle e marcando appunto con una batteria propositiva. La voce raschia in uno scream dalle maniere indicibili e di tanto in tanto è doppiata da un controcanto. Úlfarr sono un esempio di estremismo con il loro black metal spartano però non povero di idee. Diversi i cambi di passo nell’album, con almeno quattro pezzi che superano i sette minuti di durata e dai quali emergono momenti oscuri e dannati quanto si vogliano e di rimando anche momenti in cui emergono andature più basse, lontano dalle tempeste dei blast beat, con la voce che passa in lamenti profondi e litanie misteriose. “Orlegsceaft” supera i quaranta minuti di durata e in essi la band suona poche volte allo sbaraglio e spesso modulando il proprio portamento, conseguendo a un modo di arrangiare che, soprattutto nelle quattro succitate composizioni, però lascia spazio a qualche scelta meno efficace o superflua.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10