(NoEvDia) Poderosa evoluzione per gli oscuri neozelandesi Verberis, i quali fanno convergere una crescita immensa in questi cinquantotto minuti, in questa nuova interpretazione dell’osservazione degli elementi essenziali dei culti, mettendo in evidenza il paradosso celato dentro la desolazione divina: misticismo, ferocia, senso solenne, un climax di tuonante immensità forgiata con le fiamme del black e del death metal. Sono sufficienti i quasi dieci minuti della traccia di apertura, “Sepulchre of Shattered Saints”, per rendersi conto della maestosità atmosferica che i Verberis hanno costruito dentro questo loro secondo album. Cambi, passaggi, divagazioni: dalla furia più sulfurea alla celebrazione del rituale più tetro, dai blast beat furibondi agli arpeggi suggestivi ed avvolgenti. Cresce e si mette in mostra il livello tecnico su “Adamantine Amidst Transience”, un lungo brano (quasi dodici minuti) nel quale il death metal vanta un ruolo dominante, un death risucchiato nelle voragini malsane di un black decisamente progressivo. Superlativo il lungo e sensuale arpeggio iniziale della poi drammatica “Severed Paragoni”, mentre tenebre senza speranza divagano nell’intimità spirituale della “Ennoia”, il brano più breve (sei minuti e mezzo!), prima dell’opera conclusiva, la maestosa (venti minuti!), ascetica, trascendentale e violentemente mistica “I am the Father and the Tomb of the Heavens”, traccia con un titolo tanto criptico quanto ideologicamente esplicito, un labirinto sonoro profondo, contorto, perverso, provocante, seducente. Musica devota all’incupimento più profondo, un monumento alle arti oscure costruito sulle solide fondamenta della musica estrema; un tempio di desolazione esoterica, una distesa di scenari brulli, dentro sinistri incubi surreali, con tenebrose sonorità rabbiosamente ultraterrene.
(Luca Zakk) Voto: 9/10