(Dark Essence Records) Giungono al secondo capitolo i norvegesi Vestindien, una band difficilmente classificabile, un trio che vanta definizioni capaci di spaziare dall’hard rock, fino al black, passando per l’hardcore. Ma ascoltando “Verdande” emerge una più forte vena di metal classico, di piacevole antichità sonora, il tutto convogliato dentro un tunnel di oscurità, di malinconia, di sublime decadenza. A tratti caotici, spesso elegantemente soffocanti, i Vestindien si distaccano veramente dalle definizioni, anzi, sembra proprio facciano di tutto per mantenersene rigorosamente alla larga. Se il precedente “NULL” (recensione qui) era più votato a diverse sfumature di atmosfera, il nuovo lavoro è più incisivo, più riflessivo… quasi più intimo, più profondo oltre che pericolosamente psichedelico. “Humus” è dark wave sporcata da un remoto sentore black metal, in un condimento di sound occulto, quasi (senza ‘quasi’) doom. Metal classico ma con tocchi di space rock con “Evig Lys”, uno space che diventa un prog devastato nell’incedere di “Etter ilden”. Un po’ Tribulation, un po’ Lake of Tears, con “I en hule under berget”, mentre si raggiungono picchi atmosferici, oltre che una marcata essenzialità rock e metal con “Alt vårt”. Difficile da classificare ma assolutamente irresistibile “Forbi stillheten”, rock spaziale con la title track, prima della ribellione rock della conclusiva “Innover”. Secondo il frontman serviva una alternativa non violenta al desiderio di ribellione violenta che la società di oggi stimola e scatena: ecco, se questa alternativa non aggressiva esiste, allora è veramente rappresentata proprio da questo progredire di sentimenti ed essenza spirituale, da questo ‘Diventare’, da questo “Verdande”, da questo enigmatico disco.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10