(Ektro Records) Vágtázó Halottkémek in ungherese, Rasende Leichenbeschauer in tedesco, Galloping Coroners in inglese, e magari qualcosa tipo ‘medici legali al galoppo’ in italiano: comunque vogliate chiamarli, i VHK sono in attività fin dal 1975 (con una pausa fra il 2000 e il 2009), e nell’est europeo sembrano avere uno status di vere e proprie leggende. “Bite the Stars!”, a quanto mi risulta, è il loro primo disco a raggiungere l’Italia, e si presenta di difficile inquadramento fin dalla sgargiante copertina. Si comincia con gli oltre otto minuti di “Handshake”, una sorta di jam session psichedelica che solo a tratti acquisisce la struttura di una canzone: la produzione enfatizza i suoni spesso ritmici della batteria e le strampalate evoluzioni di Attila Grandpierre dietro al microfono, per un risultato che credo si goda meglio sotto l’effetto di stupefacenti! “Celebration of Life” è due minuti e mezzo di scatenato folk gitano, per le sonorità siamo quasi dalle parti delle musiche scritte per “Underground” di Kusturica. “Moons toward East” e la successiva “Winged Sky” costituiscono praticamente un unico fluido brano di oltre sedici minuti: una sorta di corsa lisergica fondata su improvvise accelerazioni e su momenti in cui invece il ritmo ‘sonnecchia’, e la stessa musica sembra persa in chissà quali pensieri. I toni di “Inner Universe” sono sciamanici e magici, mentre la conclusiva “Hun Brotherhood” è – tanto per tener fede al monicker – una sfrenata cavalcata fra suoni e atmosfere decisamente estranee alla nostra mediterraneità. Musica in libertà, fluire di energia che ha ben poco a che fare con il concetto classico di rock e quasi nulla con quello di metal, ma che potrebbe coinvolgere non poco ascoltatori open-minded in cerca di sensazioni inusuali. Per me è stata una esperienza singolare, che mi ha colpito in più di un passaggio, e che vi consiglio proprio per la sua stravaganza.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10