(Logic(Il)Logic Records) Gavetta senza fine. Loro non mollano. Mai! La line up si altera. I tour e i concerti si susseguono, ma quel che conta è solo quel motore che con fatica si avvia e borbotta sulla opener “Grey Matter Brain”. Ma cosa cambia tra “Hourglass” del 2013 e questo “Stray Ideals” uscito tre anni più tardi? Tanto. Tutto! Intanto cambia l’esperienza, palesemente più ampia, più … sporca, decisamente più vissuta. Ma anche l’energia derivante dalla costanza di un progetto che in un modo o nell’altro bazzica in giro da oltre dieci anni. I brani hanno un delizioso sapore ‘southern’… cosa che si trovava anche nell’album precedente, ma in questo nuovo lavoro, hey, qui senti la polvere in gola, qui ci senti il sudore acido, il sole che picchia in testa senza pietà. Forse avranno aggiustato il tiro, perfezionato la mira, limato i concetti, ma canzoni come “Dirty Magazzeno” parlano chiaro, gridano chiaro, sputano in faccia tutto quello che c’è. Chiamala esperienza, polvere o tabacco, ma pure la voce di Igor è cambiata: attenzione è sempre lui, quello che magari avrete visto dal vivo (date ne fanno tante… li avrete incrociati da qualche parte!), ma in questo “Stray Ideals” quella gola straziata, quel timbro graffiante è più marcato, più esplicito, più … vissuto, decisamente dannato… come conferma l’ottima “Rude Soul”. Imprevedibile atmosfera dark (ma quella polvere del deserto non se ne va!) con la riuscitissima title track. Un principio di dolcezza emerge con “Two Matches”: ma tranquilli, non sono i Vicolo Inferno che si sono rammolliti, è la guest Caterina che inietta proprio ‘un punto di vista femminile’ nella terra arida e spazzata dal vento nella quale vagano disperati i Vicolo. Per riprendersi da un ipotetico atteggiamento sdolcinato, ecco “Unnameables”, un brano southern / punk / grunge / melodico: un sacco di roba? Si, roba pesante che i quattro ti scaraventano in faccia con una certa maestria ed armonia musicale. Ruffiana “Ambush”, sleazy e fottutamente catchy “Heartwoofer”. La polvere poi torna corposa e viene introdotta da “On Road’s Edge” che catapulta dentro i riff pesanti di “Rough Hills”, un brano gentile, carino e amorevole… pensato per trapanarti il cervello, foro passante… un foro che viene poi allargato dalla successiva “Noise Of Silence”. Un po’ di depressione ma anche tanta cattiveria-groove con “Crosses Market”, prima della pesante e dannatamente tagliente conclusiva “Blood Mist”. All’epoca del debutto scrissi che si trattava di una band solida, non certamente innovativa, ma capace di intrattenere (qui). Successivamente questi se ne sono andati in giro per l’UK ed al ritorno invece del tappeto rosso e la fanfara con presidenti e papi, vennero accolti dal sottoscritto con una botta di domande dementi, le quali misero in evidenza l’ironia di questa band (qui). Però quando io intervisto una band, e mi ci diverto pure, vuol dire che ho un ottima opinione di quella band. Vuol dire che sono veramente convinto ci sia un potenziale che prima o poi emergerà rivelandosi al pubblico in tutto il suo splendore. Hey… nulla mi dà più soddisfazione dell’avere ragione…
(Luca Zakk) Voto: 8/10