(Raging Planet) Terzo album in sette anni di attività per i portoghesi Vircator. Nati come progetto rock sperimentale (includendo nella line up anche la voce), si sono evoluti fino al concetto odierno, ovvero un assalto strumentale che si abbandona sempre nel labirinto della sperimentazione, ma in ambiti più radicati tra rock vagamente psichedelico e stoner/doom. In questa mezz’ora di musica pura questa band lusitana travolge, coinvolge e attira con impeto, energia, forza dando l’idea di una grande ed illimitata improvvisazione, la quale cela unta totale libertà artistica della quale il quartetto è completamente consapevole. “Burdock” apre subito scorrevole, mid tempo irresistibile, suoni cosmici che si insinuano su una ritmica rock molto pulsante, spezzata da un intermezzo vagamente post rock dalla tendenza sludge. Più oscura e atmosferica ”Lady Fern”, una canzone ritmicamente deliziosamente ossessiva con una parentesi delicatamente psichedelica. Più graffiante e pesante ”Yarrow”, anche se una parentesi verso il finale si rivela introspettiva e suggestiva. Atmosfere che affiorano da pestilenziali catacombe, con divagazioni verso suoni dai risvolti digitali con ”Mandrake”, puro post metal su ”Agrimony” e sulla bellissima e drammatica conclusiva ”Juniper”. La completa assenza di linee vocali accresce il messaggio sonico espresso dai Vircator, i quali dimostrano e confermano la loro infinita fantasia compositiva oltre che la suprema intesa dell’ensemble. Dal vivo potrebbero rivelarsi una sorpresa immensa, in quanto i brani dell’album si prestano ad innumerevoli varianti, consistenti improvvisazioni, infiniti percorsi che escono dalla solida base di partenza, celando la possibilità di regalare emozioni superlative.
(Luca Zakk) Voto: 8/10