(Inner Wound) Arrivano dalla Polonia, pubblicano il quarto album e si dichiarano appartenenti alla New Wave of Polish Prog Metal: sono i Votum, formazione che mi ha colpito per la sua superiore capacità di scrivere musica. Fin da “Satellite”, l’influenza degli ultimi Anathema è assolutamente preponderante: non parlerei assolutamente di prog metal, ma di art/post metal con influssi prog limitati ai suoni delle chitarre. “Greed” ha una struttura post ‘a cascata’, dove risultano determinante il drumming nervoso e il pianoforte dal taglio cinematografico. “Spiral” tiene fede al proprio nome, essendo costruita su una struttura avvolgente, in cui i toni post sono ancora più evidenti; disperata “Blackened Tree”, cupa “Simulacra”, poi la vetta del disco è probabilmente la drammatica “Prometheus”, costruita su giri di chitarra davvero incalzanti, con una intensa interpretazione canora di Bartosz Sobieraj. La seconda parte della scaletta non offre sostanziali novità rispetto alla prima parte, anche se è apprezzabile il break quasi ambient di “Vertical”. Un prodotto fresco, ma allo stesso capace di dimostrare grande maturità: non a caso, i nostri hanno alle spalle quasi quindici anni di carriera.
(René Urkus) Voto: 7,5/10