(Indie Recordings) Instabile delizioso equilibrio tra generi apparentemente incompatibili. Brutale assalto malvagio, devastante potenza nei riff, aggressiva voce black metal, dannato mix tra death, black e puro e semplice sudicio rock’n’roll. I Norvegesi Vreid tornano con questo “Welcome Farewell”, il quale già dalla stupenda copertina si preannuncia come un lavoro ottimo. Il primo ascolto conferma infatti le sensazioni iniziali, grazie a musica che potrei solamente definire “metal orientato al black metal”. Non è possibile etichettare con precisione i Vreid, e questa mancanza di una sicurezza relativa al “cosa si sta ascoltando” è veramente divertente e godibile, e lascia sempre quella sensazione che potrebbe essere riassunta con una frase del tipo “una figata, ma che roba è?”. Irresistibili, diretti, semplici. Gli otto pezzi sono oltre il black & roll, e offrono divertimento, garantiscono headbanging, provicano rottura di ossa e incentivano lo scorrere del sangue. Sentitevi il riff semplice, ma schifosamente aggressivo posto in mezzo a “The Devils Hand”, la quale inizia con quel rock’n’roll distorto, incazzato, letale. Quasi i Motorhead del black con la grintosa, ma anche melodica, title track. Sublime il mix tra quella melodia che richiama a scenari glaciali scandinavi che si estendono a perdita d’occhio e quel “black” alla Immortal frullato assieme a quel “roll” così sfacciatamente heavy di “The Reap”. Gli ultimi tre pezzi dell’album sono una specie di svolta, di proposta diversa; “Sights Of Old” è quasi old school thrash mescolato con richiami ai vecchi Sodom, senza rinunciare a iniezioni di puro black metal con tutta la sua oscena oscurità. Il pezzo sfocia in una assurdo, ma stupendo, movimento melodico dove si denota una certa capacità musicale anche nelle idee acustiche. “Black Waves” è meravigliosa. Un ritmo inarrestabile, ancora con quel richiamo agli Immortal, che si abbandona ad un main riff piatto ma potente, con la voce che lascia da parte per un momento il growl andando su emozionali toni cupi. Interessante l’intermezzo dove basso e chitarra fischiettano il main riff, regalando alla canzone qualcosa di extra in termini di potenza, godibilità, efficacia. L’inizio melodico e malinconico della conclusiva “All The Brook” è ingannevole: dopo quarantacinque secondi si torna al quel sound che definirei “schifosamente Vreid”, con linee ritmiche piatte ma semplicemente eterne, invincibili, subdolamente concepite per stordire un pubblico che si muove seguendo la micidiale cadenza imposta dalla batteria mentre si sfocia in un altro intermezzo letale, crudele, semplicemente stupendo. I Vreid non si perdono in complessità tecniche, non seguono il filone della velocità a tutti i costi, e nemmeno ricercano cose particolarmente innovative. Fanno musica semplice, efficace, diretta la quale riesce a suonare fresca ed innovativa, senza mai dimenticare quegli schemi della musica estrema del passato che sono sempre grandiosi e senza dubbio immortali. Album di granito, album di ghiaccio, ma anche caldo e bagnato, album che garantisce divertimento puro.
(Luca Zakk ) Voto: 8/10