(Dark Essence Records) Copertina del disco firmata King-Kim Holm, quella de singolo invece di Costin Chioreanu. Mix fatto ‘in casa’ da Nilsen, master di Tony Lindgren (Wardruna, Enslaved, Leprous, ecc). E i musicisti della band, cosa usano? Beh, la cartella stampa toglie ogni dubbio: il batterista Tor usa piatti della marca che lo sponsorizza, idem vale per gli ampli del bassista Kyrre; il chitarrista Øyvind è più di bocca buona e suona quello che gli si mette davanti… mentre l’altro chitarrista Eivind usa il buon senso… nonostante il frontman Bjørnar sia convinto che non ci possa essere del senso… buono. È questo il quinto album della band norvegese, la quale ci ha fatto attendere ben sei anni dal precedente “Stranger Times” (recensione qui)… tempo durante il quale si vede un ritorno presso la Dark Essence Records (cosa ovvia, direi, Bjørnar ci lavora in quell’etichetta!). Ma com’è il nuovo album? Un altro passo avanti verso quella dimensione sonora personale che questo gruppo offre ormai da diversi anni, uscendo da ogni classificazione nota, da ogni stile, da ogni genere… pur inglobandoli quasi tutti, che essi appartengano all’ecosistema del rock o meno. La principale caratteristica di “Ghosts from the Past”, tuttavia, è un nuovo vocalist, ovvero il solito Bjørnar: certo, lui è sempre lo stesso (credo!?)… la voce è sicuramente sempre la sua… ma emerge un qualcosa di diverso, una impostazione più oscura, forse più baritonale, più curata, più tecnica, meno disperata, meno devastata… un piccolo grande dettaglio che rende l’album più grandioso, complici ovviamente tutte quelle altre geniali divagazioni, quelle chitarre intense, quelle geniali tastiere, e tutta quella galassia fatta di sassofoni, trombe e fisarmoniche, strumenti che i Vulture Industries riescono a integrare con favolosa semplicità ed incredibile intensità. Tetra e con un cuore dark wave “New Lords Of Light”, pregna di disperazione “Saturn Devouring His Young”, meravigliosamente teatrale “This Hell is Mine”. Irresistibile, favolosa, accattivante “Deeper”… un brano così poderosamente coinvolgente e drammaticamente irresistibile. Pungente, profonda, pulsante e provocante “Right Here In The Dark”, suggestiva, ipnotica ed immensamente surreale “Not by Blood, But by Words”, prima della lunga e conclusiva “Tyrants Weep Alone”… un percorso da seguire, una storia nella quale farsi accompagnare da queste melodie vintage, attraverso un sentiero surreale scandito da questi improvvisi cambi di scena, curati in maniera maniacale sia dai fenomenali musicisti che dal grandioso vocalist. Pura magia per un album che manifesta la paura che attanaglia un mondo che non vuole svegliarsi, che non vuole uscire, che si rinchiude in quell’armadio subendo le minacce di ogni ombra immaginaria che vaga minacciosa nell’oscurità. La rappresentazione delle nostre paure lungo questo viaggio che chiamato vita, in precario equilibrio sulla superficie di un mondo instabile e prossimo al collasso, dominato da distruzione, guerra, odio e la totale mancanza di un’idea globale orientata alla preservazione della specie… la nostra specie. Tenebre. Poesia noir. Misteri. Mostri notturni sotto il letto che, in verità, prolificano sotto la luce del sole, davanti ai nostri occhi.
(Luca Zakk) Voto: 10/10