(High Roller Records) Onore e gloria ai romani Vultures Vengeance che continuano a coltivare un tagliente e, inteso come merito e non il contrario, datato epic heavy metal. È il secondo album in studio “Dust Age” ed è incalzante, ruggente, con suoni che sembrano fuoriuscire dagli anni ’80. Tutto sembra un po’ compresso e al contempo affatto distante da una tradizione gloriosa. Insomma, se proprio deve essere heavy metal deve pur suonare così, in maniera spietata, graffiante e magari spartana. Il resto lo mettono loro, i Vultures Vengeance con un lotto di pezzi che invogliano a suonarli ad alto volume, per tenere fin dentro al sangue la voce di Tony T. Steele, anche chitarrista con Tony L.A. Scelzi, il quale tiene la vocalità bella alta al fianco dei fieri e impettiti impeti melodici della band. Pur con canzoni lanciate, qualche direzione non segue un corso davvero naturale nel proprio sviluppo, in “Dust Age” infatti esistono momenti esiguamente confusi in alcune canzoni. Un altro punto di riflessione, in base al promo ricevuto, che le chitarre sembrano un tantino al di sopra di tutto e spesso è la batteria a farne le spese. Tuttavia può essere una questione di orecchio, però i Vultures Vengeance non nascondono nulla e ogni cosa salta fuori per descrivere questo assalto. C’è un qualcosa dei Cirith Ungol di anni fa sullo sfondo in questo lavoro della band italiana, eppure non è qualcosa di smaccato, semmai è rafforzativo a queste trame che saltellano tra fasi taglienti e altre ritmate e spedite. “Reign of Severance”, “Dist Age”, forse anche “City of a Thousand Blades”, sono alcuni momenti imprescindibili di questo album così classico e tradizionalista e piuttosto invitante.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10