(Bindrune Recordings/Nordvis Produktion) Dopo un recente split con i Panopticon (qui), tornano i tedeschi Waldgeflüster con una line up rinnovata rispetto ai lavori precedenti (non è mutato solo il mastermind Winterherz), con il quarto intenso album, sfruttando quella potenza sonora ed emozionale che ormai li ha resi noti ed identificativi. “Ruinen” è un’opera complessa, un viaggio sonoro che in poco più di un’ora cancella tempo e spazio, realtà e fantasia, spingendo l’ascoltatore verso dimensioni parallele ed estranee, dimensioni nelle quali la malinconia si mescola con la rabbia, il folklore diventa depressione e la spiritualità passa per stadi materiali, reincarnandosi in una fredda natura circostante, ipnotica, attraente ma anche brutalmente crudele. Dopo l’intro, gli oltre dieci minuti di una delle tracce più imponenti, “Weltenwanderer”, la quale è subito oscura, decadente, pesante con quel midtempo cadenzato e pregno dell’acido odore della depressione; poi atmosfera fresca che esplode in un turbinio di brutalità e crudeltà il quale, come una deflagrazione, si espande per poi comprimersi in quel nulla dello stato di origine, dando spazio ad atmosfera, venature rituali, tribali, folk esaltate da clean vocals suggestive (tutto il disco è cantato in tedesco). La chitarra acustica che apre “Trümmerfestung” attira l’attenzione; la cattiveria che segue sconvolge i sensi, offrendo una sezione tirata la quale esprime quel denominatore comune con Panopticon; tanto groove, costante progressione fino ad un qualcosa che si posiziona tra il doom ed il post, ed un’andatura che approda nuovamente ad un aura folkloristica infinitamente seducente, fino a quell’assolo che disperde nel cosmo l’essenza terrena del nostro essere carnale; ancora chitarra acustica, ancora emozioni, ancora melodia per un brano che in dodici minuti di piacere illimitato riassume tutta la capacità emotiva della band bavarese. Coinvolgente, deliziosamente melodica, ma anche rabbiosa e perversa “Und immer wieder Schnee”, mentre è superlativa “Ruinenfelder”, un brano che apre dolce, oscuro, con clean vocals immense arricchite da un impostazione estremamente poetica delle lyrics in tedesco. Intenso il drumming di matrice depressive su “Graustufen Novembertage”: fantastica la progressione post atmosferica che il brano offre in maniera possente ed inesorabile. Prima violenta, poi estremamente dolce l’ottima “Aschephönix”, una canzone sempre tetra e riflessiva, mentre la conclusiva traccia strumentale, “Susitaival”, congeda con un tribal-folk concentrato su una chitarra classica di smisurato pathos, capace di toccare il cuore offuscando la mente. Emozioni senza confini. “Ruinen” cattura. “Ruinen” incanta. “Ruinen” disturba. “Ruinen” scatena energia, risveglia incubi. “Ruinen” può anche donare il sorriso a sogni strani e contorti, i quali successivamente cadono nella morsa fredda della condanna all’oblio. Verso l’oscurità, verso la maledizione. Verso le rovine.
(Luca Zakk) Voto: 9/10