(Metal Mind Records) Doogie non ha bisogno di presentazioni. È una leggenda. Ha una voce superba, unica, inimitabile. Tutti lo conoscono: Malmsteen, Blackmore, Cornerstone, Tank. La Paz è una band formatasi in Scozia, una di quelle band che per strani giochi del destino non ha mai raggiunto il successo. Fondata nel 1984 da Doogie, il chitarrista Chic McSherry ed il bassista Alex Carmichael, ebbe un certo seguito all’epoca, e per un soffio non ebbe l’ambito contratto discografico causandone la fine del progetto nel 1988. Progetto finito, o semplicemente parcheggiato? Ora questi ragazzi, adulti, vissuti, alcuni con una certa carriera alle spalle tornano. Ci hanno provato nel 2012 con “Granite”, album che ha dato loro soddisfazioni sufficienti per arrivare a questo “The Dark And The Light” che sintetizza un’esperienza di hard rock maturo. Roba potente, roba melodica, roba semplicemente immortale. Certo, è anche vero che ovunque ci sia la voce di Doogie, la musica che lo circonda raggiunge livelli superiori. Ma è anche vero che la musica di questo album è la sintesi dello spirito del vero hard rock, con una dose di progressive ed un tocco di blues. Sembra quasi che La Paz stia proseguendo la storia scritta dai Cornerstone di Steen Mogensen, ormai silenziosi dal 2007. “The Dark And The Light” racchiude potenza, melodia, intricati percorsi sonori che coinvolgono e rapiscono. L’album è diretto e schietto, ma anche cinematografico e visionario. Musica che è terra fertile sulla quale il seme della voce di Doogie può crescere, germogliare, fiorire e diventare totale. Le dodici tracce (in totale cinquantacinque minuti) sfiorano diversi argomenti stilistici. Dalla matrice Cornerstone di pezzi come “Little Black Book Of Songs” al feeling Royal Hunt di “Men Of War”. Dal carattere vintage di “Good Old Days” all’interpretazione blues di pezzi come “Don’t Drink With The Devil” e “Old Habits Die Hard”, fino alla quasi southern “Burlesque”. Un disco dove vivono, e rivivono, le sensazioni di Rainbow e Deep Purple, mantenendo quel senso di modernità che quelle band offrivano all’epoca. C’è un qualcosa di carnale, di essenziale, di sanguigno in questa musica. Musica fatta con il cuore e non certamente per dare un seguito (economico) a progetti musicali già morti. Musica sincera, in grado di scatenare autentiche sensazioni, sia essa recepita da ascoltatori giovani e moderni o da rockers datati e nostalgici. Musica semplicemente immortale.
(Luca Zakk) Voto: 8/10