(Massacre/Audioglobe) Ogni true defender of steel conosce bene i Wizard e i loro alti e bassi: una volta ti creano un disco magnifico come “Thor” o “Head of the Deceiver”, poi ti deludono con “Magic Circle” o con lo scialbo “…of Warivulfs and Bluotvarwes”. Come si colloca in questa altalenante classifica il decimo album in studio “Trail of Death” (le iniziali compongono la parola ‘Tod’, che in tedesco significa appunto ‘morte’)? Diciamo in una confortante ‘aurea mediocritas’: siamo di fronte a un compito eseguito bene, senza colpi di testa ma anche senza cali di tono. Sempre meglio del predecessore, quindi! Nell’opener “Creepin Death” c’è più melodia di quanta ne ricordassi nel sound; più cattiva e a tratti doomeggiante “Electrocution”, mentre l’epicità si spreca in “Angel of the Dark”, un pezzo solenne e sinfonico, nella migliore tradizione rhapsodyana (anche se il vocione di Sven D’Anna disegna atmosfere abbastanza diverse). Potente “Black Death”, con un ritornello pompatissimo, classico dei Wizard (ancora mi rimbomba nelle orecchie, dopo anni, l’urlo “I am Thor” del brano “The Visitor”); sulla scia c’è anche “Post Mortem vivere”, vagamente alla Hammerfall inizio anni 2000. “Death can not embrace me” è diversa da tutto il resto, con il suo approccio gotico (mi sono venuti in mente addirittura i 69 Eyes); la conclusiva “We won’t die for Metal” sembra una risposta ironica ma anche pungente a “Die for Metal” dei Manowar, dato che il refrain recita “We won’t die for Metal but we live it loud and proud”. Per chi segue da sempre la band è un altro irrinunciabile tassello, per la restante umanità consiglio prima di conoscere la band nei suoi momenti migliori.
(Renato de Filippis) Voto: 7/10