(Altare Productions / Legion Blotan) Assurdi. Malati. Lontani da qualsivoglia concetto di vita, melodia o intrattenimento. Gli inglesi Wóddréa Mylenstede (inglese antico per “Demonic Mill”) appartengono a quel versante del black metal privo di una vera immagine, di una vera natura discografica, di un qualsiasi collegamento con la volontà di portare musica ad un pubblico. No, loro suonano per loro, in una oscura e deviata intimità artistica. Lo fanno per esprimere le loro rabbie interiori. Hanno pochissimo passato produttivo, tranne un notevole split con quel culto demoniaco chiamato Black Cilice, proveniente dal Portogallo. Qualche demo, ed ora il debutto in perfetto stile Legion Blotan (etichetta che per l’occasione si allea con la Altare) il quale si colloca perfettamente nella purezza del black metal estremo. Registrazione di intenzionale bassa -bassissima- qualità, esaltazione del LO-FI. Niente lavoro di studio, niente produttori, solo una selvaggia registrazione in studio, ai confini con il demo da cassetta riciclata. Ma questa scelta è parte integrante di una visione stilistica, di una espressione artistica intenzionalmente radicata alle origini, agli inizi, agli albori delle tenebre. I suoni rimbalzano in un tetro splendore psichedelico, il concetto di melodia diventa ossessione, i riff si trasformano in frustate laceranti e le linee vocali nelle grida di un pazzo furioso durante una sanguinosa tortura. I blast beat diventano una confusione di doppia cassa, chitarra indistinguibile e urla demoniache, il tutto mixato dento un imbuto per aumentarne una compressione sonora inscindibile ma assurdamente fantastica. ”Hreómóde Blódgéotend” sono quasi dieci minuti caustici che evolvono verso un depressive ossessivo. “Mearrweard Dócincel” è instabilità mentale trasformata in suono, “Léafa Súslbana” è pura furia omicida, evoluzione della distorsione, culto dell’oppressione. Ai confini del noise “Werbeámas Haeden Gilda”, un noise che continua su “Beadurófan” la quale però offre barlumi di riff proto-catchy, l’unica apertura verso concetti musicali che la band si concede. Poi c’è l’allucinante conclusiva “Hygecraeft (Eardgiefu)”. Che sentenzia una fine assoluta. “Créda Beaducwealm” va oltre la musica, il suono, la visione artistica o lo schieramento politico-religioso-sociale delle molteplici varianti del black. Questa è roba estrema nel senso più … estremo del termine. Non è per tutti. Anzi, forse per pochi eletti, pochi malati di mente. E proprio come ha recentemente sentenziato un collega (leggi qui), una release come questa, rende gli artisti brutalmente… puri!
(Luca Zakk) Voto: 10/10