(Napalm Records) A chi scrive, non è un segreto, piacciono gli Xandria: tacciati da più parte di inoriginalità, i tedeschi mi sembrano una delle pochissime, valide alternative agli Epica. Per il loro settimo album, li vedo andare sempre più verso aperture operistiche e teatrali alla Nightwish (direi fin dal titolo…), ma sempre senza perdere potenza e capacità di scrivere buona musica. Sette minuti per la opener “Where the Heart is Home”: gli svolazzi operistici di Dianne Van Giesbergen sono messi al servizio di un symphonic gothic come al solito potente e orecchiabile, che cresce, rallenta e riparte che è un piacere. “Death to the Holy” offre un buon giro di matrice folk, mentre “Call of Destiny” è quattro minuti con cori epici e ritornello orecchiabile. Oscura e densa dei growling di Björn Strid dei Soilwork “We are Murderers (We all)”, mentre “Dark Night of the Soul” è un power ballad in crescendo forse un po’ canonica ma di grande intensità. Teatrale (forse in qualche passaggio fin troppo!) ma coinvolgente “Ship of Doom”, cinematografica (e in qualche passaggio proprio da pelle d’oca) “Song for Sorrow and Woe”. Un altro refrain vincente in “Burn me”; la titletrack, di oltre 14 minuti, è esattamente come ve la immaginate, e allinea momenti burtoniani ad altri di metal molto, molto alla Nightwish più teatrali, pure con qualche esperimento ben riuscito (le voci sovrapposte attorno al nono minuto). Insomma, per me un disco molto buono!
(René Urkus) Voto: 7,5/10