(Merdumgiriz) Montagne dietro montagne e lassù nell’orizzonte un enorme tempio. Una visione mistica, qualcosa di indefinibile. Uno scenario perduto. Vede così la propria musica Emir Toğrul, musicista e compositore turco che si cela dietro al nome Yayla. One man band autrice di un black metal atmosferico, imponente, determinato da composizioni lunghe, oltre a due pezzi che fungono da intro (composta nel 2008) e outro, ma di natura ambient. Meno di un’ora di musica, ma in realtà il tempo sembra dilatarsi già nel momento in cui entra “Through the Sigil of Hate”, mostruoso black metal ferale in cui i tempi si sollevano e diminuiscono come una marea. La voce di Emir sembra provenire dall’antro di una caverna e scuote le vibrazioni stesse delle chitarre, così fredde e scheletriche. Quasi 13′ di una marcia solenne e battuta dai venti dell’infinito. Forse non il genere di brano per tutti. “Immortalizing the Nine” è un roboante di distorsioni e di un tappeto sonoro di sottofondo che riesce difficile capire la vera natura degli strumenti. Di sicuro c’è un basso dalle frequenze ampie e che in tutti i brani si esprime in appoggio alle chitarre. All’improvviso salta fuori un riff graffiante e con il 4/4 quel fraseggio melodico diventa quasi catchy, nonostante quella nebulosa di distorsioni e riverbero. Successivamente il brano concede ulteriori sviluppi e si dimostra, nei suoi oltre 13′, più dinamico del precedente. “Disguises of Evil” ha un tono vagamente alla Burzum. L’incedere del drumming (molto probabilmente una drum machine, usata per l’album) è ipnotico, scandito, sommesso, le chitarre cantano vibranti riff di ghiaccio ed epica indoeuropea. C’è qualcosa di esotico e antico insieme. Un motivo pagan che si srotola per oltre 15′. Anche “Disguises of Evil” presenta una certa serialità come “Through the Sigil of Hate”, ma rispetto ad essa offre melodie più seducenti come “Immortalizing the Nine”. “Nihaihayat” è l’album per i cultori del raw and atmospheric black metal. Distorsioni caotiche, batteria che sembra un tuono soffocato, riff lunghi e ripetitivi. E’ il lato più oscuro del black metal e non so quanti possano poi avere la forza di guardare a questa nera medusa del genere. Yayala dal 2011 ad oggi ha inciso ben quattro album, rivelandosi un autore in continuo fermento e in attività compositiva e di registrazione della propria musica. “Nihaihayat” è denso di oscurità e di un’epica arcaica.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10