(Inside Out Music). Il disco scorre, le canzoni sono piacevoli e hanno una loro coerenza interna. Le sonorità rispecchiano pienamente lo stile Yes: tempi articolati, ritmiche vigorose, suoni ricercati, melodie sinuose, arrangiamenti molto accurati e intelligenti. La produzione, affidata allo stesso Steve Howe, è pulita e meticolosa. Le linee di basso sono davvero simili allo stile di Squire, anche le seconde voci ricordano il suo timbro, sembra davvero di sentire Squire cantare e suonare. Il cantante Jon Davison viene da una tribute band Yes e ricorda tanto Jon Anderson, tuttavia questa non è una tribute band, sono gli Yes ufficiali, quindi perché riprodurre fedelmente la stessa timbrica? Tutto mi risuona come il prodotto di un’Intelligenza Artificiale, come se si fosse buttata dentro “AI” la discografia degli Yes storici periodo 1969/1980 e gli algoritmi abbiano tirato fuori questo disco, bello ma appunto artificiale. Altra perplessità è la durata del disco, 63 minuti sono troppi. Tale durata, a mio parere, andrebbe bene per una band/solista, che abbia qualcosa di nuovo da dire, sta cercando di esplorare qualche forma musicale diversa, qualche sonorità nuova. Non è il caso degli Yes. Con tutto il rispetto e con tutto l’affetto, ma gli Yes (quello che ne rimane), non credo abbiano altro da dire, è giusto che continuino a produrre musica, il disco è fruibile, fresco, ma dovrebbe essere fruibile alla velocità gassosa dei miserabili tempi correnti. Il paradosso è che negli anni 70 la gente aveva tempo e cervello per ascoltare e i dischi duravano quaranta minuti, oggi il tempo ci sfugge di mano, la mente è sovrastimolata, le capacità attentive medie sono carenti, ma si producono album lunghissimi e noiosi (cnf le ultime produzioni dei Dream Theater, Iron Maiden o Metallica per citarne alcuni). Insomma, prendi un cantante che copia Jon Anderson, un bassista che ricalca Squire, un tastierista illustre come Geoff Downes, che utilizza strumenti e sonorità dei dischi storici, ed ecco gli Yes del 2023. Ciliegina sulla torta è la riuscita cover art di Roger Dean, artista storico degli Yes (e non solo).
(Vito Lupo) voto: 7/10