(Fiend Force Records / Massacre Records) Ben diciotto anni dopo il debut album omonimo, risorgono dalle tenebre i Zombeast. Nascono in Arizona e si cimentano in qualcosa che mette sullo stesso piano i Misfits, i The Cult attraverso il punk, il thrash metal e dunque diventa un fare crossover tra queste diverse componenti. Lo stesso Mario Montechello al microfono si destreggia tra un modo di cantare che ricorda a tratti e alternativamente Glenn Danzig quanto Ian Astbury, però quest’ultimo nei momenti più brucianti, quelli più tirati. Una vicinanza canora che non disturba, con la band che passa da sfuriate punk a momenti tosti, cadenzati e quasi heavy/thrash metal. Un’oscillazione che in realtà diventa una trasmutazione, uno scivolare sotto un’altra forma della materia sonora per ritornare qualche passaggio dopo a quella precedente. Jared Smith e Alex Young si occupano delle chitarre e del basso, con il secondo alla solista. La loro coesione di stile è efficace. Alle spalle di loro tre – la band dopo le registrazioni ha ufficializzato l’ingresso del bassista Steve Salcido, passando così a cinque elementi – Kyle Smith, il batterista sempre lesto a sottolineare con i pattern giusti le mutazioni del riffing e pestando con forza oppure in maniera disinvolta e con rullate micidiali e qualche giro quasi in stile percussioni. Dieci canzoni che accompagnano testi legati alla licantropia, l’occulto e tematiche orride. Un suonare, quello dei Zombeast dannatamente punk, voracemente thrash, ispirato dalla notte e dalle anime tormentate, però brillante nel suo essere un po’ di qua, in uno stile, e un po’ di là nell’altro!

(Alberto Vitale) Voto: 8/10