Ci sono bands storiche, epiche, leggendarie. Certo, ci sono grandi nomi del rock che hanno scritto le prime parole della storia di questo genere. Ma per una singola persona, per un singolo individuo -specialmente nell’ambito emozionale- le origini risalgono ad alcuni momenti intensi della vita di ciascuno. Ad una “prima volta” simbolica. E poco conta se questi momenti abbiano una storia molto più antica. Nel mio caso, i primissimi brani classificabili come “metal” che giunsero al mio udito risalgono alla metà degli anni ’80, ero un ragazzino, poco più di un bambino. E quel sound veniva dalla Svezia, e la band si chiamava Europe! Loro erano dei ragazzi, io un bambino. Amai quella musica dal primo giorno e continuo a farlo oggi, trent’anni dopo. Nel tempo non abbandonai mai il loro sound; attesi con pazienza la reunion. Ed ebbi anche il piacere di ascoltare anche i vari progetti solisti. Nel ’92 inoltre, li incontrai in un hotel a Praga: io ero in giro per la città come studente (in preda ai fumi dell’alcol), loro erano in tour (in preda agli eccessi), circondati da donne, facendo quello che continuano a fare oggi: rock’n’roll senza limiti, rock’n’roll intramontabile.
Dal ritorno discografico del 2004 non persi una singola calata in Italia del quintetto svedese, il quale si è dimostrato sempre in forma, sempre potente, sempre in grado di creare nuova musica avvincente, con molte inclinazioni heavy, pur mantenendo costante quell’atmosfera antica, a cavallo tra epica e pop, quella che toglie il respiro alla fine di ogni concerto, il momento che TUTTI attendono, quello di “The Final Countdown”.
Siamo nel 2015 ed io ricevo un regalo: la prima data confermata (delle due in Italia) è il 28 Novembre -il mio compleanno- e questa è già un’occasione perfetta (credo di essere stato tra i primi ad acquistare il biglietto, il giorno stesso che aprirono le prevendite) per celebrare oltre trentacinque anni di rock. Il loro rock, io mio. Il nostro.
Ma la passione non è solo tale, a volte è anche lavoro… un lavoro che poi è alimentato dalla passione! Non ci sono solo io -come altri- che scrivo. C’è qualcuno che organizza una conferenza stampa prima del concerto di Milano e all’improvviso mi ritrovo in lista, pronto per incontrare di persona nuovamente gli Europe dopo oltre vent’anni (grazie Pam!).
È il giorno del concerto. La conferenza stampa è nel pomeriggio.
Ma la fila per l’ingresso all’Alcatraz di Milano è già intensa. Fa freddo. Sono solo le 17.
Un’addetta alla sicurezza mi rivela che c’è gente in fila dall’alba (quando faceva ancora più freddo)… e controllando le facce di quelli in “pole position” vedo un mix di età trasversale: coetanei della band, gente di 30 o 40 anni. Ragazzini dai 20 in giù. Trent’anni or sono la fila sarebbe stata composta da una mandria di ragazzine urlanti, tutte spinte dal sogno di incontrare Joey Tempest.
Oggi… mi piace pensare che quelle ragazzine di un tempo -ora madri, professioniste, mogli, adulte- fossero le stesse che ho visto in fila, magari accompagnate dal compagno… o dalle figlie a loro volta ventenni!
Comunque anche nella fila per la conferenza stampa emergono delle fans. Le quali restano deluse nel sapere che all’incontro ci sarà Ian, Mic, forse John. Ma niente Joey.
Entriamo. Troneggia quell’atmosfera strana… il 13 novembre è ancora troppo vicino (e personalmente proprio QUEL 13 novembre ero ad un altro concerto… Scorpions… in un mese pieno di eventi simili, WASP compresi).
Mentre i roadies sono ancora in azione sul palco noi ci accomodiamo in saletta stampa.
Le giornaliste-fans sono in prima fila. La volevo io quella prima fila, in quanto ero ridotto abbastanza male… completamente senza voce (stagione schifosa!) e temevo che la band non potesse sentire le mie domande durante l’intervista.
Ma le fans vincono. E se lo meritano. Anche perché si godono la scena immediatamente successiva: non solo entra un Ian accaldato (in pantaloncini corti, noi eravamo più o meno vestiti per andare in Lapponia), non solo è accompagnato da un enigmatico Mic. Ma con loro c’è il leggendario Joey Tempest!
In seguito, molta gente mi ha chiesto cose del tipo: è simpatico dal vivo? È alto? È bello? È brutto?
I più “musicisti” mi hanno fatto domande più tecniche sulla qualità della voce.
Io noto che in fin dei conti il rock’n’roll deve fare bene, molto bene, specie se lo gestisci con intelligenza. Joey ha 10 anni più di me… ed io voglio sapere dove diavolo posso firmare quei documenti per arrivare alla sue età in quella forma fisica (firmerò con il sangue!).
Joey è un po’ rockstar. Ma forse è un atteggiamento di difesa, visto che il 99% delle persone che incontra crede sia una divinità e lo vede come un idolo. Ian e Mic sono più naturali, normali. Un atteggiamento da gente qualunque.
Le domande iniziano. È inevitabile si tocchi il tema degli attentati. La band conferma subito il suo atteggiamento, quello che le vede tra quelle che non hanno assolutamente annullato alcun tour o evento.
La conferma viene quando una collega fa notare a Joey quanto, per quanto ispirato ad un libro, il titolo “War Of Kings” suoni dannatamente attuale; Joey, quasi laconico, si chiama fuori dalla politica, dagli eventi, e risponde: “Siamo solo intrattenitori. Siamo musicisti.”.
Lo stesso frontman si dichiara felice. Si sente in una bella posizione quando gli chiedono se ha raggiunto il posto che voleva raggiungere quando cantava una canzone del suo primo album solista. E rivela che la band è solida, che la reunion del 2003 è altrettanto solida, efficace e guarda molto lontano. La chiave? Avere passione e lavorare duro per ottenere ciò che si vuole ottenere.
Joey, Ian e Mic danno alcune esaurienti spiegazioni relativamente al song writing del nuovo album, ed emerge che su pezzi come “Angels (With Broken Hearts)” c’è stato un approccio nuovo nella scrittura, un pezzo nato completamente in studio, un pezzo che con “Praise You” evidenzia una nuova corrente stilistica ma soprattutto di impostazione della stesura (cosa che Joey tiene a confermare). Ci sono forti emozioni, una corrente di sensazioni che poi esplode nelle canzoni, siano esse sul disco o dal vivo. Ma è proprio dal vivo che si manifesta l’energia e Joey afferma la tendenza verso pezzi più rock, con più forza, con più vibrazione… anche se non nega il fatto che, prima o poi, “Angels (With Broken Hearts)” possa trovare il suo posto in una set list.
Le mie domande iniziano.
Tragicamente.
Non avevo un briciolo di voce, praticamente parlavo in growl. Povera vittima di un mal di gola feroce che mi aveva messo al tappeto durante tutta la settimana.
Mi scuso con gli artisti per la mia voce d’oltre tomba, ma i ragazzi non perdonano e ridono allegramente… offrendomi una pausa (per respirare?)… con Joey che afferma “sembra me dopo un tour!”.
Se la conferenza stampa aveva assunto un andamento serio e professionale, il mio contributo la rende allegra, con una esplosione di risate generali.
Ma io insisto.
MH: Ho detto a molti amici che sarei andato a vedere gli Europe. Amici che non ascoltano rock. Le risposte furono “ma sono ancora in giro?” oppure “ah, una volta ascoltavo molto quella canzone, The Final Countdown”. Quindi è chiaro che appartenete ad un hard rock dell’epoca d’oro, quando era pop. Ma ora i tempi sono molto diversi. Dal vostro punto di vista, com’è vivere con la vostra musica, essendo un artista, oggigiorno, nel confronto con quel passato?”
Joey: Eravamo più giovani. Negli anni ’80 avevamo vent’anni. Stavamo imparando. Incontravamo produttori, vari studio, stavamo semplicemente imparando a quel tempo. Ora sappiamo come si registrano i dischi. Siamo molto interessati in tutto il processo di registrazione. Forse siamo anche un po’ nerd in questo ambito. È una cosa che ci diverte. Anche se in modo diverso, oggi.
MH: Certo. Ma un tempo si vendevano milioni di dischi. E questo non succede più. Magari ora dovete andare in tour per vivere e non basta solo vendere dischi.
Joey: Si. Andare in tour è importante. Vendere merchandising è importante. Lavorare con il sito web è importante. Tutto ciò è ora molto importante. Ma relativamente ai dischi, sentiamo che il fare un disco sia ancora molto importante. Quindi ci mettiamo cuore e anima per fare dischi validi… anche se poi è più divertente andare fuori, andare per strada.
Ian: Per noi i dischi sono ancora molto importanti. In un certo senso oggi, più che negli anni ’80, devi essere in grado di salire sul palco e spaccare il culo, offrire uno spettacolo fantastico. E devi avere una ottima band per essere in grado di andartene in giro, fare tour e raggiungere il successo. E noi siamo fortunati in questo senso in quanto abbiamo tutti questi elementi. Ed è per questo che siamo sopravvissuti.
Joey: Siamo musicisti fin dalle origini. E la cosa ora aiuta.
Una collega coglie il discorso e fa una domanda semplice ma interessante: come si sentirà una band come gli Europe ad essere qui, oggi, con la stessa line-up del famoso album? E Joey, con un profondo respiro, lasciando trasparire una intensa felicità interiore, risponde: “Ci sentiamo molto fortunati!”.
E gli altri aggiungono che dopo una lunga carriera, dopo aver suonato con tanta gente… percepiscono quella chimica solo tra di loro, ammettono che la gente con la quale vogliono suonare sono i loro compagni, i cinque ragazzi degli Europe. Usano parole come “voglio suonarci per il resto della vita”. Joey fa inoltre notare che questa reunion è ormai più longeva della “prima edizione”!
Certo, il successo cambia la gente. La band fa notare che negli anni ’80 è stato un saltare su un treno in corsa, specialmente quando “The Final Countdown” andò in classifica. “Non abbiamo avuto tempo di riflettere, di pensare a dove stavamo andando”. Quindi si, sicuramente si sentono cambiati: ma negli anni ’80 era tutta una festa, uscire, far casino. Vivere il rock’n’roll. Oggi è più riflessivo. C’è del business. Ma adesso si può apprezzare di più il lavoro che viene fatto e la band conferma di rendersi conto dell’immensa fortuna che ha dalla sua parte.
Joey aggiunge, con una certa ironia: “Come musicisti abbiamo imparato molto dagli anni ’80. Cosa NON dobbiamo fare e cosa possiamo fare. Tieni la testa sulle spalle e non fare troppa festa. Se stiamo uniti possiamo imparare da un’epoca, in modo da sapere cosa fare e cosa non fare nella successiva. Almeno spero… Ma sembra siamo sulla strada giusta. Siamo li con tutte le fasi della produzione di un disco, dai testi in poi… impari tutto e vai a avanti, iniziando un nuovo viaggio”
L’anno prossimo è il trentennale di “The Final Countdown”. Cosa succederà? Ma la mia domanda non genera nessuna fuga di informazioni segrete…
MH: Il prossimo anno avete detto che celebrerete la terza decade di “The Final Countdown”. Pensate a fare dei concerti dove lo suonerete tutto l’album per intero? Oppure qualche versione speciale, qualche remaster, un collector box? Cosa avete in testa per questa celebrazione?”
Joey: Non possiamo dire molto sull’argomento. Sappiamo che faremo un po’ di spettacoli per celebrarlo. Ma avremo un anno impegnato. Registreremo un nuovo album, faremo altri tour… l’anno prossimo sarà un anno molto occupato. Ma credo faremo certamente qualche spettacolo per celebrare quell’album. Però non abbiamo ancora pianificato nulla, quindi … ma di sicuro qualcosa faremo.
Dopo le rituali foto, ci avviamo verso la serata. Verso il concerto.
Un concerto immenso.
Una set list intelligente.
Joey si conferma un front man unico, carismatico, ironico… ma anche i sui colleghi sanno divertire ed intrattenere. Solo John è come sempre schivo, poco comunicativo: è la sua chitarra che parla. E nessuno dovrebbe osare chiedere altro.
Gli Europe si sono formati nel 79. OK, agli inizi si chiamavano Force per poi diventare Europe nel 1982 prima del debutto (1983).
Sono ancora li, tutti assieme.
Suonano ancora.
Registrano ancora.
Guardano al futuro.
Il loro pubblico, quello che vedo ai concerti, è eterogeneo: ci sono bambini e ci sono nonni (davvero!). In mezzo c’è un po’ di tutto passando per tutte le età, le razze, le mode, i gusti, i trend, i life style: dal rocker tutto borchie e cuoio, alla groupie super erotica. Dall’avvocato in giacca e cravatta alla persona media in felpa e scarpe da ginnastica. Con tutte le varianti possibili nel mezzo. Questo è un popolo. Questa è musica che unisce. È sembra quasi una grande nazione.
…E se mai mio figlio tornando da scuola mi chiederà, per un compito in classe, se gli ricordo qualche data e luogo relativi all’Unione Europea… ahimè… non credo otterrà la risposta che l’insegnante si aspetta da un bravo alunno.
Sinceramente non penso mi passerebbe mai per la testa parlare di un Roma 1957 o un Maastricht 1992. Io risponderei Upplands Väsby, Stoccolma. 1979.
(Luca Zakk)
(Photo: Lelia J)