Un libro che parla di black metal non è esattamente una novità in questo periodo, tuttavia “Benvenuti All’Inferno! – Storia delle origini del black metal” (QUI recensito) è la trasposizione su carta, con una cospicua aggiunta di cose, dell’ebook “Nel Segno del Marchio Nero – Storia del proto black metal internazionale 1981-1991” (se ne parla QUI). Scritti da Flavio Adducci, componente dei xSenselessxPositivityx nonché il boss della webzine Timpani Allo Spiedo, il libro racconta delle origini del black metal, cioè tutte le forze, le idee, i personaggi e le menti che hanno evoluto un discorso poi diventato il black metal. Flavio ce ne parla ampiamente, con lucidità senza trascurare nulla!

Flavio, c’è una teoria semiotica che dice, riassumo banalmente, come ogni opera d’arte contenga quanto c’è di quelle che l’hanno preceduta e quanto di quelle che la seguiranno. Un po’ come se “Deathcrush” dei Mayhem avesse dentro di se “Hymn to Abramelin” dei Messiah e “Panzerfaust” dei Darkthrone! Possiamo dire che questo calza con quanto illustri nel tuo libro?
Credo proprio di sì!

Per quanto l’era della first wave of black metal sia stata lunga e tortuosa, penso che comunque possa rientrare tranquillamente nella teoria semiotica da te appena proposta.

In fin dei conti, basta seguire l’evoluzione del proto-black metal, la cui storia, che si potrebbe dividere a grandi linee in tre fasi, è strettamente legata a quella del metal stesso nelle sue accezioni più cattive ed estreme.

Infatti, se ci si fa caso, nei primi anni, quelli dominati dai Venom, il black era ad appannaggio quasi esclusivo dell’heavy metal classico, grazie a gruppi come Hell, Mercyful Fate e Running Wild. Poi, a metà degli anni ’80, fu il thrash metal, con la sua rabbia e la sua furia, a prendere le redini della scena black metal con formazioni fondamentali come Slayer, Sodom, Kreator e Bathory, le quali iniettarono nel metal anche fortissime dosi di un genere esterno a questa musica quale è l’hardcore punk, già comunque presente nei Venom e alla base di tutto il metal estremo. Infine, a causa delle innovazioni apportate dagli stessi Bathory (che nel 1987 erano probabilmente quelli che, fra tutti, più si avvicinavano a ciò che il black metal sarebbe stato in seguito) e dai Sarcófago, il black, includendo nelle proprie sonorità anche influenze provenienti dal death metal e dal grindcore, diventò sempre più estremo e caratteristico, come confermato da band est-europee come gli ungheresi Tormentor e i cechi Master’s Hammer o anche dai norvegesi Mayhem. E furono proprio queste formazioni, insieme ad altre, che contribuirono a fare di esso un genere dai contorni finalmente ben definiti. Anche se dovette comunque aspettare la “morte” del death metal nel 1993 per esplodere del tutto, fra l’altro con l’Inner Circle norvegese guidato dai Mayhem di Euronymous, personaggio fondamentale nella costruzione di un’ideologia, di un’estetica e di un sound indiscutibilmente black metal.

Quindi sì, il percorso di questo genere è stato sicuramente lungo e tortuoso, inizialmente più legato all’aspetto lirico/attitudinale e solo più avanti anche a quello musicale/stilistico ma, di base, alcuni gruppi, come da te espresso, hanno più o meno preceduto quello che avrebbero fatto i successivi, facendo quindi evolvere a poco a poco il black verso modalità sempre più proprie.

In ogni caso, lo spettro dei Venom è sempre presente. Non solo perché hanno di fatto fondato il genere ma anche perché hanno influenzato un’infornata incalcolabile di gruppi sia della prima che della seconda ondata del black metal. Per di più, hanno generato inconsapevolmente una lunga scia di cloni, alcuni dei quali però sarebbero stati capaci di creare un proprio peculiare stile, perfino certuni che col black metal non hanno mai avuto niente a che fare come i Death, influenzando così a loro volta altre generazioni anche in modi inaspettati (come nel caso dei Celtic Frost, che da soli hanno creato un genere onnicomprensivo come l’avantgarde metal).

A questo punto, se si vuole avere un’idea più precisa circa l’evoluzione della first wave of black metal, sul mio canale YouTube ho pubblicato, ordinandola in senso cronologico dal 1981 al 1991, una playlist che si può raggiungere attraverso questo link.

Perché si pubblicano così tanti libri sul black metal? Ne spuntano di continuo e se ne traducono sempre di più. A cosa si deve? Chiese bruciate, morti? L’iconografia? Il corpse-painting?
E infatti non nascondo che, prima che pubblicassi nel 2019 l’ebook “Nel Segno del Marchio Nero”, temevo che, una volta o l’altra, qualcuno mi avrebbe “rubato” l’idea facendo uscire un altro libro sullo stesso argomento. Ma così, per fortuna, non è stato!

Io penso che il black metal rappresenti un unicum in tutta la storia del metal. Perché non è solo musica ma è anche qualcos’altro. Non è un caso infatti che alcuni lo definiscano perfino come un culto, quasi come se fosse una religione. E in un certo senso lo è perché presenta delle caratteristiche piuttosto forti che non condivide praticamente con nessun’altra branca del metal. Si pensi alla sua ideologia, alla sua estetica e a una turbolenta storia che ha generato una mitologia fatta di un’inquietante cronaca nera e di artisti maledetti che, perseguitati da un palese malessere interiore, vivevano sulla propria pelle ciò di cui cantavano, dei quali i più famosi sono sicuramente Dead ed Euronymous, legando così vita e arte in modo indissolubile. Non dimentichiamo poi che è l’unico genere veramente politicizzato di tutto il metal, l’unico che ha una reale e militante urgenza di cambiare il mondo e di combattere il Sistema grazie a sottogeneri ‘lirici come l’NSBM (da cui però mi dissocio totalmente) o il più giovane RABM, molto influenzato dall’hardcore punk, genere a cui sono molto legato. Infine, nel black metal è decisamente forte anche una spiritualità che nel genere tradizionalmente si riallaccia a religioni e a varie credenze oscure e che poi si è evoluta toccando anche la filosofia vera e propria (non solo quella nietzscheana ma anche quella esistenzialista e via discorrendo) o la psicologia, spesso nel tentativo di dare risposte a quesiti riguardo l’essere umano, la sua natura, le sue origini e tutto ciò che gli ruota intorno, morte compresa.

Insomma, per questo e per altro, anche per un’evoluzione musicale capace tuttora di regalare ai propri appassionati sonorità imprevedibili (come l’attuale blackgaze, capeggiato da gruppi come Deafheaven e Alcest) come forse mai è successo in altre ramificazioni del metal, il black è, a mio parere, così interessante e affascinante da offrire ancora oggi un sacco di spunti di riflessione. Penso quindi che, anche per via di questo prepotente ritorno alle origini old-school del metal che stiamo vivendo da un po’ di anni a questa parte, sia naturale che stiano ultimamente uscendo tanti libri (e non solo) riguardo il black metal.

Secondo te quali sono i requisiti per essere considerati una band o un musicista black metal? Cosa lo certifica?
Per quanto mi riguarda, è negli anni ’90, quando il black divenne finalmente qualcosa di più preciso e distinto da ogni altro tipo di metal, che sono nati tutti i requisiti per considerare tale una band e chi ne fa parte.

Ecco così una musica furiosa e tempestosa caratterizzata da chitarre zanzarose, batteria in blast-beat e una voce urlata che lancia lodi all’Angelo Caduto. Ecco così un’estetica il più possibile nera fatta di un corpse-paint spettrale, di borchie e di croci rovesciate. Ed ecco così un’attitudine misantropica, antisociale, refrattaria a qualsiasi mira commerciale e devota a un satanismo medievaleggiante.

Sicuramente, questi sono i requisiti che definiscono il black metal nella sua versione più classica e più pura. Seguendoli più o meno fedelmente ma dandone spesso una forma diversissima, da essi, come sappiamo, sono state poi create differenti varianti del seme originario, offrendone nuove interpretazioni sia dal punto di vista musicale (come il black metal sinfonico, con le sue decadenti e raffinate atmosfere originate dalle tastiere) che da quello lirico (come il religious black metal, che sviluppa in modo più maturo e approfondito il satanismo degli inizi).

Siccome però nel black anche l’attitudine è importante, se non perfino fondamentale, si potrebbe disquisire all’infinito su quanto siano attitudinalmente black, in senso classico, variazioni come l’NSBM (che addirittura, in certi paesi, ha una scena separata da quella black tradizionale), il blackgaze (che praticamente del genere ispiratore prende solo la musica)… o perfino il black metal stesso, da alcuni ormai dato per morto perché non presenta più i requisiti rivoluzionari di una volta!

A ogni modo, il black metal mi sembra che goda tuttora di buona salute nel posto a lui più attitudinalmente congeniale e da dove è nato: l’underground.

Tu ti sei fatto un’idea del black metal degli inizi, diciamo dagli anni ’90 in poi, su quanto c’era di vera attitudine e autentica convinzione nella scena del tempo?
Io penso che il black metal vero e proprio, rispetto al black, solitamente più goliardico, degli anni ‘80, introdusse nel genere il concetto di una rivoluzione satanica che, devota alla celebrazione di Satana e del Male, mirava sostanzialmente a seminare caos e distruzione. In effetti, cenacoli come l’Inner Circle non scherzavano affatto e seminarono il panico, tanto che in quegli anni il black metal fu percepito seriamente dalla società come una minaccia per la propria stabilità. Quindi, credo che quei ragazzi (e non solo loro) ci credessero veramente. Anche perché, in fin dei conti, stiamo parlando di adolescenti che non solo vivevano spesso, come detto prima, un forte malessere interiore ma che erano anche al culmine del proprio fanatismo metallaro… che però raggiunse livelli decisamente estremi! Unisci le due cose (malessere e fanatismo) e crei un cocktail esplosivo veramente incredibile per quello che doveva essere solo un movimento musicale.

Ma, a un certo punto, a causa sia del caso Burzum che del successo di gruppi più morbidi come i Cradle of Filth (che comunque, nei primi anni, produssero degli album fantastici!), il black metal cominciò a metà degli anni ’90 a vivere una situazione paradossale: da un lato continuava a essere oscuro, pericoloso e ad attirare i peggiori disadattati che il metal avesse mai conosciuto; dall’altro, divenne un fenomeno talmente mediatico e di costume da attirare anche persone semplicemente affascinate dalla “moda” black metal, facendo però perdere in tal modo molta della sua originaria forza rivoluzionaria.

Quindi sì, credo che ci fosse tanta “vera attitudine” e tanta ”autentica convinzione”, soprattutto da parte dei maestri del genere, ma credo anche che ci fosse tanta apparenza e tanta voglia di farsi notare, quasi come se, per alcuni, il black metal fosse solo una scusa narcisistica per truccarsi nel modo più demoniaco possibile e nulla più.

Chi non hai incluso nel libro e perché? Ovvero, ci sono dei nomi che avresti dovuto inserire ma che per tante o specifiche ragioni hai dovuto escludere?
Allora, fondamentalmente ho escluso dal discorso principale gli svedesi Merciless, che in realtà ho solo accennato nel capitolo inerente la Norvegia perché il loro “The Awakening” fu stampato nientepopodimeno che dalla Deathlike Silence Productions (l’etichetta fondata da Euronymous dei Mayhem, nda). Però, li ho esclusi perché, quando li ascoltai per le prime volte, mi sembrarono troppo simili a gruppi già nominati nel libro come Kreator, Minotaur e Slaughter Lord. Eppure, riascoltandoli meglio in questi ultimi giorni, ora penso che i Merciless meritassero un approfondimento perché, oltre a essere supportati da un’etichetta come quella di Euronymous (e già solo per questo ricoprono una certa importanza!), suonavano un ultra-indiavolato e barbaro death/thrash metal profondamente influenzato dagli stessi Kreator e dai Bathory, con questi ultimi che erano una immancabile fonte di ispirazione per i primi gruppi estremi svedesi.

A proposito della Norvegia, ci sarebbero anche gli Enslaved, che esordirono con un demo proprio nel 1991, alla fine quindi del periodo di cui parlo. Mi è sembrato però giusto concludere quel capitolo con due band estremamente rappresentative del black metal norvegese quali gli Immortal e Burzum.

A titolo di curiosità, dopo la pubblicazione del libro ho scoperto un po’ di gruppi hardcore punk che, in qualche modo, si avvicinano al black metal. Un nome su tutti: gli United Mutation. Andatevi ad ascoltare la loro “Lice & Flies” e poi mi dite!

Il passare da un ebook, autoprodotto, a una versione su carta del tuo libro e con tanto di editore alle spalle – un po’ come andare con una major! – cosa ti ha concretamente permesso di fare?
Sicuramente un sacco di cose che con l’ebook mi erano precluse del tutto!

Prima di tutto, ora c’è la possibilità di distribuire il libro sia presso piccole realtà come Star Music (il negozio di dischi del mio quartiere a cui sono legatissimo) che colossi come Feltrinelli. Devo dire che sono stato piacevolmente sorpreso quando, un mesetto fa, l’ho visto per la prima volta esposto, fra l’altro in primo piano, al Feltrinelli dove vado di solito.

Poi, in teoria adesso potrei fare una presentazione in un qualche locale per promuovere il libro. E dico “in teoria” per motivazioni che sappiamo noi tutti. Visti i tempi, bisogna arrangiarsi in qualche maniera, e quindi spero di fare una bella presentazione online. Chissà, prima o poi…

Ma, più di tutto, posso finalmente spedire l’opera a chi me lo richiede, sia per posta che direttamente di persona, così il lettore può ricevere la sua copia con dedica personalizzata. Naturalmente, adoro avere un rapporto diretto con i miei lettori, soprattutto in questi tempi difficili. E trovo fantastico poterli incontrare dal vivo, anche perché così posso conoscere persone interessanti con cui fare quattro chiacchiere e parlare di musica, magari davanti a un buon caffè (che praticamente bevo solo in queste occasioni!) o, ancor meglio, davanti a una birra!

La parte più difficile nella realizzazione del libro?
Forse potrà sembrare una battuta ma è stata… lo smettere di scrivere!

Infatti, fate conto che io amo scrivere ed è una passione che ho da una vita. Quindi, scrivere un libro come “Benvenuti all’Inferno!” mi ha dato la possibilità di esprimere compiutamente, senza limitazioni di sorta, questa mia grande passione.

Il problema però si pone quando, paradossalmente, si trovano fonti giuste come le fanzine dell’epoca, da cui trarre una miriade di informazioni di prima mano. Naturale quindi che si è portati ad aggiungere nuovi contenuti che possono essere utili per rendere il discorso sempre più interessante ed esaustivo, tanto più quando si ha a che fare con un argomento indefinito e quasi a tema libero come la first wave of black metal. Eppure così si rischia proprio di non finire mai!

Però poi, dopo aver inserito espressamente per “Benvenuti all’Inferno!” ben due nuovi capitoli e altri contenuti, ho capito di aver detto tutto quello che potevo e dovevo dire, che ogni altra cosa avrebbe solamente allungato il brodo. E così ho dovuto, appunto, smettere di scrivere, ponendo così finalmente fine a un duro e lungo lavoro che sembrava infinito perché iniziato, se non ricordo male, perfino nell’ormai lontano ottobre 2015. Ma dovete considerare che, quando un anno dopo lo inviai al mio attuale editore (Officina di Hank), il libro aveva solo un centinaio di pagine… mentre adesso ne ha addirittura poco più di 400!

Per concludere, di cosa vorrai ancora scrivere?
A dire il vero già sto scrivendo qualcosa di nuovo. E’ da metà novembre che ci sto lavorando, accumulando idee e appunti. L’argomento è top secret e, chissà, forse diventerà il mio secondo libro. Però sempre sperando che riuscirò a finirlo!

E con quest’ultima domanda, grazie mille Alberto per avermi fatto questa interessantissima intervista. E grazie mille anche a chi è arrivato fino a qui, leggendola tutta. Se mi volete seguire, eccovi un po’ di link:

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Timpani allo Spiedo (la mia webzine)
xSenselessxPositivityx (il mio progetto noisegrind)

Ciao e Stay Metal Or Die!

(Alberto Vitale)