Sono 381 pagine “non autorizzate” quelle che Jerry Bloom, giornalista musicale di lungo corso – responsabile di More Than Black Purple e di Autumn Leaves, il magazine ufficiale dei Mostly Autumn- ha redatto per raccontare uno dei fenomeni della sei corde. Ritchie Blackmore si impone nella storia del rock con i Deep Purple. La sua fama consolidatasi nel tempo grazie ad una rivoluzionaria tecnica con lo strumento, si è portata dietro anche la notorietà di una personalità molto particolare. (english version)
Ciao Jerry, grazie per qusta intervista, per me è stato un piacere legegre il tuo libro.
E’ un piacere
Per me Blackmore rappresenta Il Chitarrista. Colui che ha tradotto il blues nel rock ha preso la tecnica di Hendrix per affinarla. Un profeta per molti.
Come disse Monty Python in “Brian Di Nazareth”: “Non è il messia, è un ragazzaccio”.
Tu lo hai anche incontrato di persona e ti chiedo se questo ti ha portato ad avere nel tempo una comprensione sempre più ampia verso di lui?
Ho incontrato Ritchie molte volte, passando anche diverse ore con lui in varie occasioni. Forse Ian Gillan ha ragione quando dice che nessuno capisce veramente Ritchie, anche se penso di riuscire a capirlo bene, ed ho visto sia i suoi lati positivi che negativi.
Hai trovato difficoltà nel realizzare il libro? Hai notizie su una reazione di Blackmore al tuo libro?
Il più grande problema che ho affrontato nella scrittura del libro è stata la mancanza di tempo. Ho avuto a disposizione solo nove mesi, ma avrei preferito due anni. Sarei sorpreso se Ritchie avesse letto il libro, in quanto non penso sia molto interessato a leggere cose che lo riguardano, mentre Candice, invece, potrebbe davvero averlo letto. Ha fatto dei commenti dicendo che io non parlo con la gente della loro “cerchia ristretta”, ignorando di fatto la verità. Detto questo, io ho parlato molte volte con persone coinvolte nella “cerchia ristretta” di Ritchie negli scorsi decenni, molto prima che lei nascesse! Quindi se le può aver ragione relativamente al periodo dalla nascita dei Blackmore’s Night, sarei pronto a dire il contrario relativamente al resto della sua carriera. Ho anche parlato con gente che loro hanno escluso dalla loro “cerchia ristretta”, e sono stato testimone di diverse cose successe relativamente ai Backmore’s Night, anche se alcuni di questi non li ho inclusi nel libro!
Mi son sempre chiesto, leggendo una biografia, come si lavora e ci si organizza per reperire e ordinare le informazioni sugli inizi della storia di qualcuno. L’infanzia, la famiglia, le prime band, i luoghi frequentati. Racconti degli anni ’50 e ’60 e a quel tempo Blackmore non era quello che tutti conoscono. Come ti sei mosso per ricostruire?
La parte iniziale del libro è quella della quale vado più fiero. Quando ho iniziato a lavorarci ho deciso di focalizzarmi sui primi anni, per cominciare. In parte perché sapevo sarebbero stati i più difficili, ed in parte perché avrei dovuto contattare la gente più vecchia, magari prima che muoiano! Purtroppo alcuni di quelli che più hanno aiutato, sono poi deceduti, come Tony Dangerfield e Neil Christian. Quest’ultimo si è mantenuto in contatto fino al giorno della sua morte, telefonandomi regolarmente. Un disdetta che se ne sia andato. La prima parte del libro è anche quella per la quale ho dovuto investire il maggior tempo in ricerca. Come tu dici, c’è poco di documentato relativamente alla sua vita precedente ai Deep Purple. Devo anche ammettere che non credo avrei mai potuto farcela in questo breve tempo senza l’ausilio di internet. E’ stato grazie ad Internet che ho scovato la sua primissima fidanzata, e pure qualcuno dei suoi compagni nella band, come Ricky Munro dei fugaci Mandrake Root. Già conoscevo qualcuno che è stato coinvolto agli inizi della sua carriera, tipo il batterista Mick Underwood e Nick Simper dei Deep Purple il quale si vedeva con Ritchie anni prima di unirsi. Gente come questa mi ha poi messo in contatto con molti altri personaggi come Mike Dee, che era il leader nella prima band professionale di Ritchie. Ho passato anche diversi giorni alla British Library di Londra, cercando tra documenti musicali dei primi anni sessanta, roba di valore inestimabile. E’ stato eccitante consultare uno di quei documenti del 1963 e trovare a centro pagina una foto di Ritchie con Jerry Lee Lewis. Naturalmente Blackmore era uno sconosciuto all’epoca, ma la gente con la quale ha suonato, come Lewis e Gene Vincent, erano delle star famose, e quindi c’era molta copertura a livello di stampa
Chi è Ritchie Blackmore? Un grande chitarrista? Un egocentrico e scontroso artista? Un personaggio complesso? Tu hai sottolineato al sua determinazione.
Per come la vedo io, e ricordati che è solo la mia personale opinione: Ritchie Blackmore è un musicista di grandissimo talento, ed una personalità debole per quanto riguarda il modo con il quale ha a che fare con le altre persone. Penso sia perché è troppo bravo in quello che fa, ha lavorato duro per arrivarci, e quindi gli risulta difficile circondarsi di gente che non solo al suo livello. E’ estremamente determinato, ma con questa caratteristica viene anche l’egoismo, secondo me la sua qualità peggiore. Ma sa essere generoso, ed ha un gran senso dell’umore. Relativamente all’ego, mostrami un musicista idolatrato da una moltitudine che non ha un grosso ego. Detto questo, rimane che la capacità è prenderla un po’ così, senza prendersi troppo sul serio. Penso anche che qui entra in gioco un certo livello di complessità, in quanto da una parte la gente del suo mondo è costantemente circondata da gente che costantemente elogia ciò che fai e ti dice quanto sei grande, mentre magari c’è spesso una profonda insicurezza, con la paura di essere sommerso da chi è migliore e con più successo. Molte persone nel mondo dell’arte creativa soffrono di questa cosa, e Ritchie non è una eccezione.
C’è un aneddoto che ritieni descriva perfettamente Ritchie Blackmore? Quello più significativo che lo contraddistingue.
Non credo. Ogni essere umano è unico.
Ti ringrazio per l’intervista. Rivolgiti ai lettori italiani e magari con un consiglio su come affrontare la lettura.
Spero che i fans Italiani, e so che sono molti, si godano il libro. Quando mi sono messo a scriverlo , non era mia intenzione esporre le mie opinioni, volevo solo documentare la vita e la carriera di Ritchie partendo da una combinazione di interviste con lui, e le 50 che ho fatto con varie persone che sono state parte della sua vita in un modo o nell’altro. Non volevo ritrarlo nel bene o nel male, ma solo portare a termine un prodotto che potesse permettere al lettore di trarre le proprie conclusioni avendo letto le differenti storie contenute. Detto questo, penso che la chiave del suo personaggio può essere capita nel miglior modo leggendo la parte relativa a quanto lavorava con Gene Vincent! Tutto vi verrà rivelato quando leggerete quella parte!
(Alberto Vitale)
(un grazie a Luca Zakk per la sua preziosa collaborazione)
Recensione