Non pago di una “normale” intervista con Daniel Moilanen (batterista), Metalhead.it ha voluto raddoppiare e, come una sorta di esperimento sociale, ha voluto porre le stesse domande anche a Niklas “Nille” Sandin, bassista della band dal 2010, con non poche sorprese per quel che riguarda le risposte. A voi il giudizio su dove stia la verità… (read it in english)
MH: Ciao da Metalhead.it! Veniamo subito al dunque: il vostro decimo album, “The Fall Of Hearts” si appresta a diventare uno degli album cardine della vostra discografia. Il risultato finale risulta fresco e inedito, anche dopo molti ascolti… era il vostro obiettivo fin dall’inizio il fatto che l’album dovesse suonare così?
NS: Non sono sicuro se quello era l’obiettivo. Penso sia stato qualcosa che è venuto naturalmente con questo disco. Ha un sacco di ingredienti del catalogo passato e sono molto felice del risultato. È un album più importante in quel senso rispetto ai precedenti.
MH: Molti, mettendo a confronto il vostro ultimo lavoro con “Dance Of December Souls”, potrebbero storcere il naso vista la differenza molto marcata di stile… Ma a mio avviso, così come ho sottolineato nella recensione del vostro ultimo lavoro, i vostri album sono tutti legati da quello che sembra un unico grande disegno, una sorta di compendio delle emozioni umane…
NS: (ride,ndr) Si, c’è una ambiente sonoro molto differente comparato con quel disco. Ma non è poi roba nuova, in quanto la principale differenza sta con “ Discouraged Ones” pubblicato nel 1998.
MH: Se quindi volessimo paragonare i vostri album alle emozioni umane, a che emozioni assocereste il vostro ultimo lavoro?
NS: Non sono le emozioni gioiose che trovi ascoltando del metal potente e tirato. Le emozioni che puoi trovare ascoltando i Katatonia sono oscure e aride. È sempre stato così, e la nuova pubblicazione non offre nulla di diverso.
MH: Sempre parlando del vostro ultimo lavoro, azzarderei che “The Fall of Hearts” sia il vostro disco Rock… Azzardato?
NS: Non è completamente sbagliato, ma non lo definirei un “album rock”. Penso che il sopra citato “ Discouraged ones” e “ Tonighs Decision” hanno un approccio più diretto. Ma siccome la nuova release è così ampia e incapsula quasi tutti gli aspetti dei Katatonia, sentirai questa cosa pure su “The Fall Of Hearts”.
MH: Ho avuto la fortuna di vedervi in chiave live nel 2006 per il tour di “The Great Cold Distance”. In quella serata il cantante aveva la felpa dei Tool. Me lo ricordo per due motivi, ossia il mio amore per il gruppo americano ma soprattutto perché ho sempre rintracciato delle sonorità simili tra i due gruppi. Mi sbaglio o siete consci di questo parallelismo?
NS: Scommetto è stata una grande serata, ed è stata ancora prima del mio ingresso nella band. Ci sono delle similitudini tra i riff dei Took e dei Katatonia. Specialmente su “ The Great Cold Distance” e pure in alcune canzoni di “Dead End Kings”. L’ho sentito dire da varia gente e ho notato il parallelismo online.
MH: Molti fans sperano in un ritorno alle origini, magari con cantato in growl e via dicendo; altri invece, come il sottoscritto, pensano che la musica estrema non sia equivalente a suoni estremi e che quindi in parte siete rimasti comunque fautori di musica estrema… Voi come la pensate a riguardo?
NS: Non ci sono piani di alcun tipo relativi al tornare ad uno approccio più estremo e diretto con i Katatonia. Quello era il passato e a volte lo celebriamo nella band suonando alcuni di quei pezzi dal vivo. Ma più di questo mi suona impossibile che ci torneremo sopra su quello stile. E si, pure io credo che puoi essere estremo senza la voce estrema. Ma Katatonia non è estremo. Katatonia è un qualcosa che trasmette canzoni oscure e belle, per cercare di toccare il fondo di un’anima altrettanto oscura.
MH: Ho visto che avete aderito, nel 2014, al Record Store Day con un vinile pieno di rarità e b side… Cosa ne pensate di queste giornate dedicate alla musica? Credete ancora nel formato fisico della musica? A giudicare dalle vostre ultime uscite, sempre presenti anche nel formato a 33 rpm, tenete ancora al disco inteso come fisico…
NS: Credo nei supporti fisici e ne sono un consumatore. Semplicemente è più appagante mettere un vinile quando vuoi goderti la musica. Anche i CD battono gli MP3 o Spotify. E ti fanno anche sentire più di supporto nei confronti della band, cosa che oggi è più importante di quanto lo sia mai stata.
MH: Cambiamo argomento. Sulla scia di My Dying Bride (progetto Evinta) e Anathema (concerto “A Sort Of Homecoming”) e del vostro stesso “Sanctitude”, pensate che in un futuro potrete spingervi ancora più in là, magari con una vera e propria orchestra alle spalle?
NS: Stiamo facendo un concerto con l’orchestra filarmonica Plovdiv, più avanti quest’anno in Bulgaria, poco prima di partire per un lungo tour europeo. È un formato che non abbiamo mai provato prima, e porterà tutto ad un livello più alto. Quella sera faremo pure “ The Great Cold Distance” per intero, per celebrarne il 10° anniversario.
MH: A tal proposito, potreste dirmi di più sul disco “Dethroned And Uncrowned” (il penultimo album in versione strumentale, ndr)? Come mai una scelta così singolare?
NS: È stata un’idea che è venuta ascoltando e capendo quanta vita ci sia nei suoni ambientali di “Dead End Kings”. Avrebbe avuto nuova vita in versione acustica? Si, ce l’ha avuta, e l’abbiamo pure potuta portare in tour con alcuni grandi musicisti.
MH: Ascoltate musica durante le vostre giornate? Se si, quali generi ascoltate?
NS: Questa sarà una dolce breve rispsota: SI! Tutti i genere che attirano la mia attenzione.
MH: Nel comporre i vostri album, pensi che il vostro bellissimo paese di origine vi abbia influenzato nella vostra musica?
NS: Penso siano il nostro meteo che cambia spesso e i lunghi periodi di assoluta oscurità che ci influenzano. (ride, ndr).
MH: Ok, siamo alla fine dell’intervista. Un grazie alla vostra disponibilità. Speriamo di rivedervi presto in italia!
NS: Non vedo l’ora di suonare in Italia di nuova, e m’assicurerò di mangiare la pizza “á la the original!“
(Enrico Burzum Pauletto)