E’ appena uscita la loro seconda fatica discografica (recensione QUI), un disco vario e pieno di sorprese. Quale migliore occasione per due chiacchiere con Daniele Armanini (al centro nella foto), cantante del gruppo?
MH: Ciao e benvenuto a Metalhead.it! Innanzitutto, e ti assicuro che non sono scontati, i miei complimenti per la vostra nuova fatica, “Living Storm”, un album molto vario! Prima di analizzarlo però voglio chiederti da dove deriva il vostro nome…
DA: Ciao Enrico, grazie a te dell’ospitalità e dei complimenti. Mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato il nostro lavoro. Il nome nasce dal fatto che in origine i membri della band erano sette! In realtà il nome è anche derivato dal simbolismo che il numero sette evoca e porta con se in tutte le culture del mondo, nella mitologia e nella magia. Il numero sette è importante ed ha molti significati e declinazioni: le virtù, i peccati capitali, i chakra, lo si può trovare praticamente in ogni campo dell’attività artistica-spirituale e simbologica di qualsiasi estrazione culturale; gli esempi sono innumerevoli. Più semplicemente, a noi piaceva l’idea che questo nome non ci identificasse immediatamente con un genere musicale ben preciso e ciò poteva essere motivo di curiosità e portare a scoprire ‘cosa fanno i Septem’.
MH: Come dicevo, l’album in questione è davvero molto vario, mi ha colpito subito per il suo eclettismo. Mi chiedevo, questo era il vostro intento sin da subito o la cosa è maturata naturalmente, ad opera in corso?
DA: Il nostro modo di comporre è del tutto naturale ed istintivo. Non abbiamo un metodo standard che usiamo sempre, ma lavoriamo come una squadra. Seguiamo la nostra ispirazione che nasce dalla diversità di influenze che ognuno di noi ha come bagaglio musicale. Non ci mettiamo a tavolino a pensare a cosa scrivere e come comporre le canzoni per fare colpo, perché ciò non sarebbe nella nostra natura e non sarebbe in linea con la nostra voglia di essere schietti e trasparenti con noi stessi e con chi ci ascolta. Ci confrontiamo, sperimentiamo e alla fine tiriamo fuori il meglio da ognuno di noi per miscelarlo in modo da estrapolare le canzoni dalla somma delle nostre personalità musicali ed artistiche. Come ti dicevo prima, lavoriamo come una squadra, dove l’idea del singolo è poi rivista e rivalutata da tutti, elaborata, riarrangiata e a volte stravolta (scusa il gioco di parole) fino ad arrivare ad un risultato che soddisfi tutti e cinque. Non abbiamo vincoli che ci legano ad intraprendere direzioni preconcette o che esulino dalla nostra voglia di esprimere in musica il nostro gusto e stile personale.
MH: Si potrebbe dire che questa varietà di stili anche molto diversi tra loro sia in qualche modo derivabile dal background di vita musicale e non di ogni componente? Nel senso, nel vostro gruppo c’è il ‘thrashettone’, il metallaro, il glamster, o tutti ascoltate un po’ di tutto?
DA: C’è anche di più! Perché oltre al Rock e al Metal ascoltiamo davvero musica a 360° e questo credo sia un fattore molto positivo ed importante. Siamo cinque ragazzi con differenti gusti e sensibilità sonore e tutto questo si riflette nella nostra musica. Ognuno di noi ha poi ovviamente dei gruppi o degli artisti preferiti come ad esempio: io i Deep Purple, Andrea i Queen, Francesco i Lamb of God, Enrico i Dream Theater e Matteo i Pantera. Tutte queste influenze sono filtrate dalla nostra personalità e si riversano nella musica che facciamo; e se un brano assume un’aria più Thrash, Classic, Death, Speed o Glam per noi è relativo, dipende dal mood con cui l’abbiamo scritto in quel momento, la cosa importante è sia un bel pezzo e ci piaccia. Siamo semplicemente una metal band e come il metal abbiamo più sfaccettature.
MH: Vi pensate fuori dal coro come gruppo? Mi spiego meglio: ormai il metal si è evoluto in tantissimi sottogeneri, anche molto specifici. Ogni nuovo gruppo cerca più o meno di ritagliarsi uno spazio in queste etichette musicali. Pochi gruppi, ad esempio il vostro, scelgono la strada, rischiosa invero, di mischiare più generi. Come vi ponete in merito?
DA: Sinceramente questo è un aspetto a cui non badiamo. Voglio dire, essere dentro o fuori ad una corrente musicale non rientra nel nostro modo di essere e di pensare, proprio per i motivi che ti dicevo prima. Non ci poniamo vincoli di sorta e nemmeno ci mettiamo a pensare a come scrivere un pezzo per attirare la gente, per essere al passo coi tempi o per vendere di più…. a noi piace esprimere ciò che più ci soddisfa artisticamente senza pensare a cosa va per la maggiore. Cerchiamo di fare qualcosa che sia bello e personale, che ci renda fieri e che faccia divertire la gente. Penso fermamente che se credi in ciò che fai e ti esprimi in maniera onesta ed all’altezza, allora il pubblico sarà pronto ad apprezzarti, quanto meno a livello artistico e se poi ne conseguirà anche un successo commerciale allora ben venga!
MH: Ormai il mercato digitale dilaga… Voi preferite ancora il classico vecchio cd? Mi riferisco alle vostre pubblicazioni come ai vostri ascolti… Ossia, comprate ancora cd fisici o addirittura vinili?
DA: Sicuramente i vecchi CD/LP sono i supporti che ancora preferiamo. Quando posso compro i dischi che mi interessano e il resto non lo ascolto, né lo scarico ma semplicemente lo ignoro. Andrea è un grande collezionista di vinili, me ne ha pure regalati alcuni dei Deep Purple che custodisco gelosamente. Sono dell’idea che alla fine il supporto fisico dia maggiori garanzie di qualità e soprattutto ti da l’idea di possedere veramente qualcosa di valore. I formati digitali sono sicuramente utili e comodi ma non hanno alcun fascino e, almeno per me, li trovo di una virtualità, purtroppo dilagante anche nei rapporti umani, che non mi da alcuna emozione.
MH: A proposito di produzione… Come si sono svolte le registrazioni? Lo chiedo sempre, ad ogni intervista, perché non è più scontato che la gente si trovi assieme per registrare un album…
DA: Potrei dirti un misto! Ognuno di noi ha suonato take interi dall’inizio alla fine e abbiamo cercato di dare il meglio per ottenere un effetto “live” che si potesse replicare fedelmente anche sul palco. Come ti dicevo in precedenza, ci teniamo molto ad essere diretti e reali e per ottenere ciò abbiamo creduto che il suonare tutto il brano senza sezionarlo troppo sarebbe stata la soluzione giusta per ottenere più immediatezza. Anche la mai voce: ho cercato di tenerla “raw” per un effetto “dal vivo”. Infarcire di “effetti speciali” può essere una scorciatoia che in studio può darti qualche punto in più ma poi è soltanto che su un palco alla fine vedi la reale consistenza di una band. Ci abbiamo messo davvero pochissimo.
MH: L’Italia è sempre stata un luogo geografico che ha prediletto e contemporaneamente sfornato gruppi ‘classici’: Power, Heavy, Hard Rock pure… Secondo te un’uscita come la vostra potrebbe essere di respiro internazionale? Secondo me assolutamente si, tu invece cosa ne pensi?
DA: E’ quello che spero! Vorremmo suonare il più possibile ovunque, ma soprattutto all’estero. Crediamo molto in questo album, ne siamo fieri e pensiamo che il nostro stile sia originale e abbia delle qualità che andrebbero sfruttate al massimo. Dal vivo abbiamo sempre instaurato un grosso feeling con tutto l’audience che abbiamo incontrato la prima volta. Ci sono delle potenzialità che, sono certo, potranno portare a qualcosa di positivo.
MH: Bella la copertina! Mi racconti la sua storia? Come è collegata con la musica contenuta nell’album? Ti chiedo questo perché non sempre la cosa è scontata…
DA: Ti ringrazio della domanda perché mi permetti di spiegarti qualche curiosità! La grafica di copertina è opera di Riccardo Bucchioni (che si era già occupato anche di quella del primo album) ed il concept è nostro. In pratica abbiamo voluto rappresentare la “tempesta vivente” (Living Storm) con le figure che vedi, le quali sono ispirate ad una parte del testo di “Lord Of The Wasteland”, la prima canzone del cd. In pratica il “Lord Of The Wasteland” non è altro che la rappresentazione della condizione di miseria nel genere umano, delle difficoltà quotidiane grandi e piccole che affliggono l’uomo e da cui esso deve trovare un modo per sfuggire. “Living Storm” invece è la fiducia in se stessi o nei nostri cari, la speranza, la forza d’animo che ci permette di avere il coraggio per affrontare le avversità. Ed ecco allora l’angelo e l’avvoltoio a rappresentare questi concetti. Come nel primo disco, anche questa volta ci è piaciuto legare la copertina ai testi e quindi alla nostra musica attraverso la rappresentazione grafica.
MH: E ora che l’album è uscito che cosa farete? Lo sai vero che notoriamente la terza prova in studio è sempre quella della conferma definitiva?
DA: Ora ci concentreremo sull’attività live che a partire da febbraio ci vedrà cominciare a girare l’Italia e poi l’Albania e la Grecia, ti anticipo già qualche notizia. Si si, come nella migliore tradizione metal, siamo ben consapevoli che il terzo album è importante: “Master Of Puppets”, “The Number Of The Beast” … ne dico solo due… (ride, ndr). Ti posso anticipare che ci stiamo già lavorando!
MH: Così di getto… immagina di poter partire domani stesso da supporter di un gruppo famoso. Il primo nome che ti viene in mente?
DA: Iron Maiden! Così almeno per un paio di anni ci faremmo il giro del mondo sicuro! (ride, ndr). E poi potremmo sfidare Harris e co. in qualche partita di calcio, una sorta di Italia – Inghilterra del Metal! Gli daremmo del lesso come sempre è stato! (ride, ndr).
MH: D’accordo, come di consueto, nel ringraziarti del tuo tempo e della disponibilità, lascio a te le ultime righe. Hai carta bianca, scatenati…
DA: Caro Enrico anzi tutto ti ringrazio nuovamente dello spazio che ci hai concesso, dei complimenti e della simpatia. Invito tutti i lettori di Metalhead.it a dare un ascolto a “Living Storm” e se vi piace… compratelo!
Seguiteci dal vivo. Il vostro supporto è fondamentale per noi! I Septem vi salutano. Be good, drink beer, fuck and Rock’ N ‘Roll!
(Enrico Burzum Pauletto)