Forti di un album veramente riuscito e influenzato dai più svariati generi musicali, i The Drowning hanno risposto ad un po’ di nostre domande per capire meglio la nascita del lavoro e le sue influenze (click here for English).
MH: Benvenuti su Metalhead.it! Questa intervista avviene in occasione dell’uscita del vostro quarto album (recensione qui). So che in molti gruppi lo dicono, ma questa volta azzardo a dirlo io: sembra in effetti il vostro miglior lavoro, ispirato e riuscito. Pensate sia accaduto qualcosa rispetto al passato o la vostra è una lenta ma inesorabile evoluzione stilistica?
Mike: Una differenza marcata rispetto i precedenti dischi è la fuoriuscita del vocalist originale James Moore. Dopo il veloce arruolamento di Matt Small è immediatamente apparso un nuovo aspetto nel sound della band. Matt ha portato molto più Death Metal, permettendoci di scrivere le canzoni in un modo che prima non potevamo fare. La stesura dei pezzi è più facile ora che non siamo più “ristretti” musicalmente come prima.
Steve: Matt fa quello che provavamo a fare in studio ed ha una mentalità più aperta del precedente vocalist, quindi la stesura dei pezzi è stata più fluida e abbiamo lavorato assieme in una band migliore. Aggiungiamo anche l’aver portato nella band Dicky, un bassista molto più capace con una conoscenza tecnica della registrazione e della musica che ha aiutato la band nel suo lento ma continuo sviluppo artistico, ma con un ritmo più organico e naturale. Per farla breve, ora abbiamo la giusta line up e niente ci può fermare.
MH: Vi rivelo un segreto: recensendo il vostro album, ho passato ben 5 ascolti completi per estrapolare varie influenze musicali che di volta in volta notavo. Da tempo non mi succedeva e questo non ha fatto che accrescere il mio interesse per l’album. Visto che è impossibile non riconoscere i My Dying Bride come principale fonte d’ispirazione, sbaglio o comunque avete un background musicale che non prevede solamente il Doom/Death? Mi riferisco anche al fatto che parte della vostra formazione viene da un altro gruppo che suonava tutt’altro che musica tranquilla…
Mike: Non ci siamo mai classificati solo come un gruppo Doom, potremmo dire che siamo Dark Metal, ma tutti noi amiamo differenti generi di metal e questo porta varie influenze nella band.
Matt: Nell’insieme adoriamo la miseria e gli elementi oscuri che influenzano la nostra musica, ma cazzo amiamo il metal, quindi non ci vergogniamo di proporre riff ed idee che suonino pesanti e cazzute, senza limitarci ad un qualcosa strettamente Doom/Death. Per esempio Mike è molto influenzato dai Judas Priest e mentre non sentirete mai un riff dei Priest, dentro troverete comunque degli elementi Thrash. Steve è un fan di Mike Portnoy, ed anche se non ci sarà un drumming di quel livello, ci troverete comunque delle influenze qua e là.
MH: 5 anni vi separano dalla vostra uscita precedente. L’album ha avuto una gestazione così lunga? Ad ogni modo, com’è avvenuta la stesura dei pezzi? Hanno concorso a comporre tutti i membri?
Mike: Ci sono stati problemi nel trovare i nuovi membri della band; poi Steve, il nostro batterista, è stato 6 mesi in Australia a fare tatuaggi, mettendo la band in pausa per un po’. Ma la cosa più problematica è stata con lo studio.
Matt: Abbiamo perso la prima bozza dell’album e quindi 6 mesi di registrazione, poi altri vari problemi che ci hanno forzato a ri-registrare, ma noi ci siamo presi il nostro tempo, lavorando su ogni dettaglio. Ci è voluto tempo ma volevamo un lavoro perfetto.
Steve: Mike scrive la maggior parte del materiale e poi lo porta agli altri, e poi assieme scriviamo il resto del brano, con varie parti individuali e le idee di come la canzone deve svilupparsi. Quindi si, scriviamo assieme ma Mike è di fatto i The Drowning.
MH: Restando in tema, la registrazione è stata fatta ‘a distanza’ oppure vi siete ritrovati in studio assieme?
Matt: Tutti registriamo i pezzi in studio individualmente, ma per quanti membri della band ci possano essere nello stesso momento, è Mike la costante per tutto. Tutti abbiamo messo qualcosa di personale sul mix finale ma per gli arrangiamenti, le chitarre e tutti i suoni… è stato Mike a lavorarci come produttore.
MH: Cambiando argomento, la copertina è un po’ un inno alle release Doom e decadenti. Vi va di parlarci della sua nascita? Personalmente do molta importanza all’artwork, lo considero alla stregua di una traccia addizionale all’album…
Mike: Pur essendo influenzati dai grandi tre [si presume i grandi tre colossi del Doom, vale a dire Candlemass, My Dying Bride e Black Sabbath, NdR], non la consideriamo come un tributo, piuttosto una evoluzione naturale del nostro suono. Non vogliamo sembrare simili a tante altre band, ma naturalmente in questo genere saremo sempre confrontati con la grossa scena Doom degli anni ’90. Se la gente però lo vede come un tributo, allora per noi è un complimento in quanto vedono le nostre influenze e non il fatto che sembriamo la copia di altri. Vogliamo prendere anche altri suoni ed evolvere il tutto in qualcosa di nostro.
Steve: Abbiamo scelto Matt Vickerstaff, che ha lavorato con gente di spicco in questo mondo. Gli abbiamo lasciato spazio libero, dandogli l’album da ascoltare e qualche idea. Il fatto che ne sia uscita una cosa bella è un ottimo feedback per noi, vuol dire che ha ascoltato il disco e ha capito perfettamente cosa vogliamo trasmettere. Ha perfettamente tradotto la musica in immagini.
MH: Il titolo dell’album è molto evocativo. Ce ne potete svelare il significato preciso?
Matt: I segni della senescenza sono i segni dell’età e della decadenza. Con la vita che scorre velocemente tutti perdiamo la cognizione della gioventù che di fatto se ne va. Con la band in giro ormai da dieci anni, pensiamo che possiamo guardare dove siamo arrivati ed anche se stiamo morendo e decadendo lentamente, possiamo prendere uno spunto da canalizzare nella nostra musica. Siamo tutti vittime delle leggi dell’entropia, tutto finirà in piccolissime parti, a partire dal nostro corpo e quello di chi amiamo. Il disco è un pianto di tristezza in faccia al costante lutto del tempo che passa inesorabile.
MH: Come va l’attività live? Può una band che suona il vostro genere permettersi un tour?
Mike: Va bene, non abbiamo avuto tanto tempo per i concerti in quanto abbiamo lavorato all’album, ma mi sembra che la seconda metà del 2016 ci sia stata favorevole, almeno per quanto riguarda le recensioni e le interviste da tutto il mondo. Ora vogliamo che tutto ciò si traduca nei concerti. Man mano che il tour procederà, penseremo di finanziare il prossimo livello: stiamo infatti lavorando per un tour Europeo nel 2017. Quindi se ci sono posti o promoters in Italia o ovunque siano che ci possono aiutare… CHE CI CONTATTINO!
MH: La musica riesce a darvi da vivere? Se no, di cosa vi occupate quotidianamente? Lo chiedo perché in Italia il metallaro medio, che ascolti o suoni è indifferente, non è ben visto. E’ la stessa cosa lì da voi?
Matt: Non si guadagnano soldi in quel che facciamo, solo la vendita di qualche maglietta ci aiuta a finanziare il prossimo disco o il prossimo tour. Mike è un artigiano dei tappeti, Dicky è un cuoco, Steve fa il tatuatore e Jason lavora in un ufficio, come me. In Inghilterra suonare la musica che facciamo noi, o suonare qualcosa che non sia la solita stronzata che attira ragazzini, fa si che ci vogliono anni prima di arrivare ad un punto dove fai soldi. Tutto quello che vogliamo fare è suonare il massimo numero di spettacoli possibile; lo so che è un cliché, ma per noi il 110% della nostra musica consiste nei concerti e portarvi quante più persone possibile.
MH: Magari a torto, ma son convinto che i luoghi dove uno è cresciuto influenzino in modo fondamentale ciò che uno esprime suonando. Considerando il genere da voi proposto, ad un visitatore che luoghi del vostro paese consigliereste in modo che il vostro disco ne sia in qualche modo colonna sonora?
Mike: Il Galles è probabilmente campagna per il 70%, conosciuto nella storia per le forti radici celtiche che risalgono al paganesimo, culto che adorava la terra ed una mitologia tanto antica quanto quella nordica. Il panorama naturale ha ancora quel feeling primordiale e sono imperdibili posti come Brecon Beacons in una fredda notte d’inverno o tutti i castelli diroccati, lentamente divorati dal territorio.
MH: Personalmente amo ascoltare il Doom in vinile quando possibile… Voi che ne pensate dell’attuale revival di questo formato? Secondo voi il vostro genere musicale è compatibile con il mercato digitale in sempre crescente aumento?
Mike: Il vinile è un grandioso formato, lo è sempre stato; e c’è un grosso mercato di collezionisti oggigiorno… sembra sia l’unico formato per il quale i fan sono disposti a spendere soldi, anche più dell’andare ai concerti.
Matt: Ci piacerebbe pubblicare qualche edizione “sexy” in vinile gatefold, ed è anche per questo che abbiamo bisogno di suonare di più dal vivo ora che il disco è fuori con molte recensioni positive, per metter da parte i soldi necessari per produrre un vinile. Poi i brani sono così lunghi che dovremo fare un doppio gatefold, il che alza i costi. Pensiamo che la musica digitale abbia in qualche modo ucciso il genere, in quanto tutto è ormai a portata di mano, quindi la musica è diventata un bene di consumo e non qualcosa al quale dedichi tempo e che attira la tua attenzione, il tuo tempo. Ma è anche vero che non avremmo raggiunto tanta gente se non fosse stato per youtube e spotify, quindi credo che il digitale sia una lama a doppio taglio e che ci piaccia o no questo è quello che abbiamo oggigiorno, quindi dobbiamo continuare a fare del nostro meglio, suonando a quanti più concerti possibili per coinvolgere il massimo numero di persone.
MH: Ottimo. Grazie mille per averci concesso del tempo per questa interessante chiacchierata. Come di consueto, le ultime righe sono a vostra completa discrezione! A voi quindi la parola…
Matt: L’acqua ci riempie i polmoni, mentre ne accettiamo l’oscuro oblio. Siamo i The Drowning…
Mike: Alla prossima! Ciao!
(Enrico Burzum Pauletto)