Probabilmente parlano inglese da schifo. Viaggiano su mezzi meccanici a pezzi. Eppure, cercano di imporre il rock italiano a casa della Regina (che poi è venuta in viaggio in Italia per capire da dove diavolo vengono questi disgraziati). Non so nemmeno se si sono resi conto di cosa hanno fatto, dove sono andati, cosa hanno visto, cosa hanno suonato. Ora sono tutti disoccupati, single, senza un soldo, ammalati, sporchi. Ma diciamocelo: se sei una band sconosciuta in un paese dove le bands restano sconosciute, e ti fai un tour in uno dei paesi simbolo del rock, ti rimane per forza qualcosa. Qualcosa di grande. Che va molto oltre il livello di una vacanza fuori di testa in un villaggio vacanze popolato da pornostars, e va anche oltre le esperienze in tour di una band famosa, che di fatto lo fa per lavoro. I Vicolo Inferno, così perché gli girava, sono andati a fare un tour in UK, a spese loro, con una vera voglia di suonare e divertirsi. Personalmente? Li invidio, e vorrei essere stato io -che ne so- il loro batterista. Anche se dopo le risposte che leggerete qua sotto, forse, beh… il batterista proprio no, ma l’idea rimane! Una band rock in versione fuori di testa, anche in versione “caz… aehm… Affari Loro”, visto che usano l’intervista per accusarsi di furto reciprocamente (a me basta che non mi mettano in mezzo la diatriba…). Questo è rock, questo è street, questi sono i Vicolo Inferno: nudi (spero di no), freschi (per il clima), e puri (ho i miei dubbi… ma ci sta!).
Ciao Igor (Voce, ndr) e Marco (Chitarra, ndr). Grazie per questa intervista… visto il vostro recente tour in UK è il caso di fare il punto, non credete? Allora lasciatemi farvi alcune domande. Siete tra le band italiane che ci credono e che guardano anche oltre confine. Molti vogliono fare le rockstar ma non si scollano dal lavoro sicuro (?) di tutti i giorni, la routine casa-lavoro-prove-fidanzata. Una routine che è incompatibile con un tour all’estero a livelli di tempo: tutti i membri della band in ferie dai rispettivi lavori negli stessi giorni. Come avete messo in piedi questa cosa? Come avete trovato le date e le locations?
Igor: Quanta verità…essere un rocker della PROLOCO è durissima, ma quando ci credi come se non ci fosse un domani, ti fai insultare dai colleghi e metti in conto un cartellino giallo con sfumature rosse sbandierato dalla morosa, poi io parlo per me… gli altri sono anche sposati…(ride, ndr)
Marco: Mentre rispondo a questa intervista il mio cartellino sta virando velocemente dall’arancione al rosso sangue… sono da espulsione!!!
C’è un’altra faccenda oltre al tempo. I soldi. Ammesso e non concesso che vi abbiano pagato, è sempre comunque un rischio (magari promettono e non mantengono). E sicuramente andare fin lassù, mangiare, bere, fumare, dormire, scopare… costa molto di più di quello che una band che non si chiama -ad esempio- Motley Crue, può mai incassare per uno show. E’ anche difficile coordinare la cosa tra i membri della band (c’è sempre quello che non ha i soldi perché deve portare al mare quella rompiscatole della fidanzata…). Complimenti. Come avete fatto? Rubato una banca? Ditemelo pure, io non faccio nomi…
Igor: Abbiamo racimolato i soldini sudati durante la promozione in Italia di Hourglass, abbiamo messo in tasca quello che ci veniva corrisposto dai locali che pagavano in U.K., abbiamo consumato pasti gratuiti offerti da un gruppo di Evangelisti che ci volevano a cantare nel coro della loro “Church”, abbiamo accettato di dormire in posti dove neanche Bear Grylls avrebbe soggiornato, ma soprattutto siamo dei filantropi, una donazione alla causa del R’n’R \,,/
Marco: Il pasto gratuito con gli homeless di Wakefield è una storia vera… non dimenticherò mai il “free food” dagli Evangelisti mentre a Neb (il batterista, ndr) si rivoltavano gli occhi all’indietro ed usciva bava dalla bocca, esperienza senza prezzo!!!
Le fidanzate le avete 1) portate come roadies 2) lasciate a casa 3) mollate, tanto le inglesi sono disinibite?
Igor: Lasciate a casa in quanto non avrebbero retto l’atmosfera che si è creata tra i band mates …e intendo di odori forti…
Marco: Effettivamente l’atmosfera creatasi poteva risultare indigesta anche alle più gipsy… se noleggiavamo una cabriolet era molto meglio… sto curando un enfisema polmonare dovuto al continuo riciclo d’aria… (ride, ndr)
Ok, cantante in inglese. Ma io che l’inglese lo conosco bene (yes I do), so come funziona nel Regno. Una cosa è parlare in inglese in Germania con un crucco ubriaco mentre anche a te manca una birra per morire. Una cosa è a casa della regina, dove sono pure un tantino rompi palle sull’argomento. Vi capivano? Capivate qualcosa? Vi hanno insultato? Le ragazze si eccitavano con il vostro inglese dall’accento latino? Italians do it better?
Igor: Per me che sono collegialmente riconosciuto come un fautore indiscusso “dell’Aywonnaghena” nonché uno dei suoi massimi interpreti, era una sfida non da ridere e devo dire che nessuno mi guardava come “la mucca guarda il treno” mentre cantavo, questo mi ha fatto capire che il lavoro di translation dei testi e quello fatto sulla pronuncia del disco sono stati curati in maniera credibile, ma devo ringraziare Neb che ha coniato il tormentone che ci apriva qualsiasi porta ovvero l’everybody con pronuncia libertina e southern… scappava fuori una roba tipo “evvribbaddaya”….ciao mondo !!!
Marco: Ti devo dire che, durante il viaggio, io e Fala (bassista, ndr) avevamo fatto un corso accelerato di “inglese LIVE” ad Igor e Neb, facendo ripetere come un mantra tutte le frasi migliori dei live ascoltati a ripetizione nella nostra giovinezza: “scream for me Boston!!!”, “let me see your f%$£ing hands!!!”, “we love you Telford!!!”… abbiamo creato dei mostri!!!
Igor: A questo proposito ho posto ai miei musicanti un quesito che reputo sia fonte di un animato dibattito: ma se le band Inglesi e Americane vengono in Italia e incitano il pubblico nella LORO lingua, perché io non posso presentarmi sui LORO palchi con un “su quelle cazzo di mani bastardoni!!!” ???
Non vi chiamate “Hell’s Alley”. Ma proprio “Vicolo Inferno”. Nome che ha pure bisogno di spiegazioni storiche per capire da dove salta fuori. Lassù si rendevano conto di che cosa eravate? Sapete, qui se uno non parla inglese, ma vede una band che si chiama “Hell Death Kill Fuck”, percepisce immediatamente che non è una cover band di Masini o Celentano. Poi che sia metal, thrash, o black… cambia poco. Come vendevate il vostro moniker legato al vostro tipo di musica per attirare gente ai concerti?
Igor: … Ma anche li devo dire che poco frega come ti chiami, se non sei i Motley Crue o altri per citarti, potevamo chiamarci gli “Sweaty Balls” che forse non avrebbero colto il sottile umorismo, direi che aspettavano curiosi i primi riff di chitarra per capire a cosa andavano incontro, l’unica che mi ha chiesto del nome del gruppo è stata la nonna di un B&B e dubito ancora adesso che abbia capito cosa cazzo le ho detto… (ride, ndr)
Me lo chiedo da solo, vedete voi se rispondere: ci sarà stato un pubblico decente ai loro concerti? Pienone? Quattro gatti?
Igor: Più che gatti …pecore, corvi, muschi e licheni…come te è un po’ la domanda che ti fanno tutti quando torni, con più o meno malizia…e ad essere sincero sparare dei numeri a caso da dare in pasto ai curiosoni (quelli del più malizia) in stile “Amici Miei”: “lo guardammo partire con l’inconfidata speranza che gli andasse male” (cit. del Mascetti parlando del Melandri) è la cosa più divertente… fatevi la stessa domanda anche voi amici da casa… io vi rispondo che noi abbiamo dato tutto che fossero 20 che fossero 100 ;)
E le reazioni di questo pubblico? Conoscevano le canzoni o li avete minacciati di morte per fargliele imparare?
Igor: Considerando che non mi aspettavo che conoscessero le nostre canzoni, ti posso dire che in Wales avevamo 5-6 soggetti sotto al palco che mimavano le canzoni alla Piero Pelù e si lanciavano in cori che assomigliavano a litanie in preda agli acidi del Peyote…. una meraviglia ai miei occhi !!!
Marco: Ricordo a Northampton, l’estasiata Rachel “the number of the beast”, così denominata dalla band per il numero dei denti consumati che metteva in bella mostra canticchiando… non si sa cosa!!
Igor: Marco perdonami…ma il ritornello di “lipstick” fa questo effetto, non ci stava più dentro…(ride, ndr).
Fila di groupies fuori dal backstage? (potete mentire, renderà più appetibile leggere l’intervista, il rock è anche questo, o no?)
Igor: …Sai, con noi funziona così, siamo brutti e sporchi, ma alle groupies acchiappa così, quindi al fine ultimo di essere uomini integerrimi, tutti d’un pezzo, insomma che non devono chiedere mai… abbiamo buttato Fala (il bassista) in pasto alle leonesse, visto che era l’unico freelancer della spedizione!!!
Imola-Londra, sono circa 1500 chilometri, metro più, metro meno. Poi da un certo punto diventano miglia, che è anche peggio. Immagino dunque siete partiti con il jet privato dall’aeroporto di Bologna, ricevuti con tappeto rosso dai reali, banda dell’esercito che suonava vostre cover, e magari pure la fila di pusher in attesa fuori dall’aeroporto.
Igor: Il nostro jet è stato un impagabile Vito (cambio automatico e cruise control a nastro) abbiamo rischiato vari speronamenti in rotonda, ci siamo beccati qualche canchero… dal labiale dietro al finestrino ho capito: “@#%$ evvribbaddaya @#%$”…quindi tutto regolare!!! il più delle volte eravamo accolti dagli inebrianti profumi dei locali inglesi e la nostra colonna sonora sono stati gli Iron Maiden a tutto volume !!!
Quante volte avete forato? Rotto il furgone? Ovviamente di notte? Pioveva? Dopo un concerto, esaltati, come prendevate le rotatorie? Vi ha fermato la polizia? Multe?
Igor: Non me lo spiego, ma siamo scivolati sul territorio franco-britannico senza incappare in sfighe preannunciate dai Maya, incredibile ma vero pensavo che alla dogana avrebbero incatenato Neb mentre esclamavano : “finalmente lo abbiamo beccato il porcone” e fuso la chiave della cella… invece no, il Vito non ha dato un colpo di tosse, è andato tutto talmente liscio che scusate …ma me li tocco per il futuro !!!
Marco: I Carabinieri di Imola ci ha fermato alla partenza alle 3.30 sotto casa di Igor, pensando stessimo svaligiando il palazzo: sono entrati nella via in contro mano a sirene lampeggianti spiegate e… “chefffffate e dddddove ve ne annnnate a quest’ora ehhhhh??” e noi “andiamo in Inghilterra”… loro “mizzzzzzegha e peccchè nunciannnnnate n’aereo???”!!! E’ stato benaugurante ….
So benissimo che in realtà avevate un budget fantascientifico. Hotel 5 stelle superiori del tipo “stanotte tocca a me dormire DENTRO il furgone” oppure il vocalist che voleva l’unica coperta disponibile in quanto “lui non può prendere un raffreddore (gli altri che prendano la polmonite!)”?
Igor: Purtroppo ho dovuto dividere un letto da una piazza e mezzo con l’onnipresente Neb che tentava di approcciarmi e ho dovuto respingerlo tutta notte…. (ride, ndr) (scherzo)… poi dando retta al mitico Malc a Wakefield nel suo doubledecker tour-bus mi sono dovuto chiudere a uovo dentro al sacco a pelo… “ragazzi spegnete pure la stufetta quando andate a letto se no si fa troppo caldo”… era freddo come il tocco della morte!!
Marco: Sinceramente, considerando che al momento pare non abbiamo preso piattole o pidocchi, ho apprezzato la notte nella Doghouse di Boston… esperienza da provare almeno una volta prima di schiattare!!!
Tre souvenir ESSENZIALI che una rockstar in tour si porta a casa dall’Inghilterra? (Solo cose legali per favore…beh, fate voi)
Igor: Il liquore che ti ha dato soddisfazione… il Famous Grouse!!… il LoveSpoon (usanza Gallese) per fare pace con la compagna che ti aspetta a casa con il mattarello in mano e/o il teaser e il ricordo di un’esperienza che comunque puoi raccontare ai tuoi figli… o alle figlie degli altri (ride, ndr)
Marco: In realtà il Famous Grouse l’ho comprato io, vedi di rendermelo…cosa te lo sei tenuto??? Ho conservato anche una reliquia, un resto di una bottiglia di Stuka Berg, imitazione molto “cheap” dello Jaegermeister, che si beve in Galles… ricordi del “The Duke”… Poi ad un mercato delle pulci ho raccattato un maxi 45 giri di “Hot For The Teacher” dei Van Halen ed un picture disc dei Queensryche… arrapetion!!
Tre cose che per fortuna sono rimaste lassù e non sono finite dentro il vostro van?
Igor: La pizza fatta dagli inglesi, Gerard (the most brilliant hangover fan) e le piattole della doghouse del Axe & Cleaver (da verificare)…
Marco: Citando Neb, “l’odore di morte” che si sente entrando nei locali… in Inghilterra non si usa fare le pulizie, la birra di mesi sul pavimento fornisce un ottimo grip antiscivolo e a fine serata i tavolini rimangono pieni di vuoti di birra e quant’altro… come monumento decadente della serata strapassata.
Ditemi con sincerità una cosa. Lo so che dell’Italia si dice di tutto e di più. Il rock qui fa schifo, non è supportato, è condannato, emarginato, c’è il papa, c’è Chi l’ha visto, ed anche San Remo. Ma veramente: qual è la differenza tra suonare qui e li? Tutto compreso, non solo organizzazione e spettacolo, ma anche fans, gente, promoter, gestori delle location. Tutto. Un feeling definitivo della “piccola” band di paese Italiano, con accento dialettale, che se ne va all’avventura in un paese che, per il rock, è indiscutibilmente definibile “leggendario”?
Igor: Ti posso dire che l’unica differenza è la colazione, che quando ci prendi l’abitudine è più buona, del resto quando arrivi in terra Britannica (ma penso di poter dire in qualsiasi altro stato) sei un perfetto sconosciuto e se il pubblico presente che siano 20-30-100 persone ti ascolta, apprezza e a fine concerto viene a farti i complimenti (a volte anche troppo esuberanti come Gerard… ride, ndr), puoi guardarti allo specchio e dirti che hai superato la sfida di essere credibile come band per sei sere di fila, senza dormire un cazzo davanti ad un pubblico che non è quello friendly del locale di casa, punto di ritrovo per vecchi metallari, con i tuoi amici e componenti della altre band underground locali (e con questo non voglio sminuire questo aspetto anzi, grazie a dio che la scena nostra e florida e ci supportiamo a vicenda)…questo è quello che mi porto a casa da questa esperienza.
Marco: Mi pare che in Inghilterra il pubblico sia molto interessato alla sostanza, alla MUSICA che proponi, ascoltano in modo molto attento: lì la musica non è un sottofondo, quasi fastidioso, per fare altro. Tra locali e pubblico la cultura della musica dal vivo è molto radicata.
Ragazzi, chiudete voi l’intervista… salutate me, i miei colleghi, quell’animale della vostra etichetta che non vede l’ora di leggere questa intervista e, non ultimi, i vostri fans e pure i nostri (i lettori!)….
Igor: Grazie mille Luca per questa intervista nuda e cruda, un po’ come i bagni dei locali British, che non lasciano nulla all’immaginazione, un saluto ai nostri amici e supporters che, come da loro ammissione, ci hanno seguito nei post di facebook “come la finale dei mondiali” (immensi)… un grazie alla nostra label la Logic(il)Logic, nelle persone di Stefano, Oscar e Letizia, un bacio alle groupies italiane che si sono incazzate come vipere sotto sale nel vederci fotografati con quelle locali (vi Lovviamo), un grazie per l’attenzione ai lettori di METALHEAD.IT… che saranno come minimo 50 in meno dopo questa intervista!!! (ride, ndr) Roooock \../
Marco: Grazie Luca a prestoooooo!!!!
(Luca Zakk)